Da pastore della Chiesa universale, nel primo incontro pubblico, quello con i vescovi, il clero e le comunità religiose irachene, venerdì 5, a Baghdad, il Santo Padre ha ringraziato vescovi e sacerdoti per essere rimasti vicini al loro popolo nonostante gli ultimi decenni di sofferenze e prove. Quindi, li ha incoraggiati a perseverare in quest’impegno, “al fine di garantire che la Comunità cattolica in Iraq, sebbene piccola come un granello di senape (cfr. Mt 13,31-32), continui ad arricchire il cammino del Paese nel suo insieme”. Parole che assumono ancor più valore se si ricorda dove sono state pronunciate: la Cattedrale Siro-Cattolica di “Nostra Signora della Salvezza”, dove, nel 2010, morirono in un attentato 48 fedeli.
Il giorno seguente, raggiunta la Piana di Ur, la terra di Abramo – riconosciuto come “padre” dalle tre religioni monoteistiche – il Pontefice ha inviato un messaggio di unità e di spiritualità, ma anche di concretezza. Infatti, ha sintetizzato il suo messaggio nel motto: “Guardiamo il cielo e camminiamo sulla terra”. Per questo ha sottolineato che nel mondo d’oggi, “che spesso dimentica l’Altissimo o ne offre un’immagine distorta, i credenti sono chiamati a testimoniare la sua bontà, a mostrare la sua paternità mediante la loro fraternità”, e ha ricordato al contempo che “Dio è misericordioso e che l’offesa più blasfema è profanare il suo nome odiando il fratello”.
Ieri, domenica 7 marzo, il Papa ha visitato la Regione Autonoma del Kurdistan Iracheno, spostandosi tra Mosul, Quaraqosh e Erbil: tre luoghi chiave, investiti in maniera diversa dall’onda del delirio fondamentalista.
A Mosul il Pontefice ha letto la preghiera di suffragio per le vittime della guerra, e ha supplicato Dio anche perché “quanti hanno fatto del male ai loro fratelli e alle loro sorelle si ravvedano, toccati dalla potenza della tua misericordia”.
A Qaraqosh, accolto da una folla festante, ha rincuorato i cristiani con parole di fede: “Adesso è il momento di ricostruire e ricominciare, affidandosi totalmente alla grazia di Dio, che guida le sorti di ogni uomo e di tutti i popoli. Non siete soli. La Chiesa intera vi è vicina, con la preghiera e la carità concreta”.
Infine, nello stadio di Erbil, il Papa ha presieduto la liturgia eucaristica davanti a 10mila fedeli. Ricordando le tante ferite che hanno segnato tutto il Paese, in generale, e la comunità cristiana nello specifico, ha indicato nuovamente la via da seguire: “Gesù ci mostra la via di Dio, quella che Lui ha percorso e sulla quale ci chiama a seguirlo… Ci invia, non a fare proselitismo, ma come suoi discepoli missionari, uomini e donne chiamati a testimoniare che il Vangelo ha il potere di cambiare la vita”.