Questo isolamento ha permesso a una galleria di volti coraggiosi di intensificare il loro lavoro, fornendo gesti altruistici e pieni di umanità. E l’educatore salesiano si chiede: Quale risposta pastorale reale e coerente in tempi di pandemia? Con quali sfide? Con quali criteri? Quali dovrebbero essere le nostre motivazioni?
Se la necessità di avere cura e di essere oggetto di cure è consustanziale per l’essere umano, la cura pastorale è ora una priorità. La cura non è solo una “pratica pastorale” in più, ma la pratica di accompagnamento più adatta a questi tempi.
E alla luce di ciò, quali criteri dobbiamo assumere per un’adeguata azione educativo-pastorale? Da dove guardare a questa complessa realtà? Osiamo dire che la nostra prospettiva evangelizzatrice dovrebbe ruotare intorno a tre indicatori, di speciale profondità e urgenza, che sono: creatività, audacia e discernimento. Vorrei contribuire a questi tre atteggiamenti, con qualche breve indizio:
- Il coronavirus è un’opportunità per fermarsi. Ora più che mai è necessario sviluppare l’abitudine al discernimento, una sana ermeneutica che promuova la domanda: che cosa ci sta dicendo il Signore in questo momento storico? Che cosa sto imparando? Che cosa ho perso? Che cosa è essenziale?
- La crisi, non dobbiamo dimenticarlo, genera anche dolore. Per questo motivo, è necessario ascoltare la sofferenza, esercitare il decentramento di se stessi per concentrarsi sulle periferie fisiche e psicologiche alle quali siamo chiamati come Chiesa.
- La cura pastorale significa anche accompagnare i processi di costruzione personale: la “dimensione samaritana della fede” parte dal presupposto pastorale che ogni situazione di dolore e di crisi personale e sociale è un’occasione di ricostruzione e di crescita personale.
- Il confinamento sta salvando vite umane, ma può anche aiutarci in quella necessaria riconciliazione con la nostra stessa fragilità. Le persone sperimentano che qualsiasi fallimento durante l’intero ciclo di vita può sbilanciare aree importanti.
- Tutti questi suggerimenti possono e devono essere uniti a esperienze di prossimità, risposte pratiche e di effettiva incidenza. Strategie efficaci, sì, ma affettive, che permettono un approccio consapevole e solidale.
- Ma la vulnerabilità non diventa protagonista solo nella vita di chi viene accompagnato. È presente anche nella vita di chi accompagna, di chi si prende cura. La Risurrezione è il “miracolo” di vivere tutto nel nome di Gesù. E in questo tutto sono i nostri incontri, il nostro incoraggiamento, il nostro ascolto, la nostra preghiera.
Don Miguel Ángel Garcia Morcuende,
Consigliere Generale per la Pastorale Giovanile