Don Bosco c’era stato 168 anni fa: era il 1855 quando visitò la “Generala”, come allora si chiamava il riformatorio, cioè il carcere per i minorenni. Qualche anno prima, nel 1841 aveva visitato le carceri senatorie di Torino, ma tra i giovanissimi è diverso: un pugno dritto nello stomaco. Si rende conto che si può e si deve fare qualcosa ed ecco che si accende la scintilla che lo porterà a creare gli oratori come “soluzioni preventive” alla delinquenza giovanile e in risposta al disagio minorile.
“Mi basta che siate giovani perché io vi ami”: con queste parole del fondatore, il Rettor Maggiore dei salesiani Don Á.F. Ártime, ha bussato il 1° febbraio alla porta dell’istituto di pena per minori di Torino Ferrante Aporti, carcere minorile di Torino, dove da anni i novizi salesiani animano “il cortile dietro le sbarre”, una sorta di oratorio interno all’istituto di pena.
“Ne ho incontrati 35, abbiamo anche mangiato insieme una pizza e alcuni hanno voluto parlare in privato – ha raccontato a Vatican News il Rettor Maggiore –, ma prima hanno fatto una scenetta tratta dalla vita di Don Bosco, mi hanno fatto tante domande su di lui; mi hanno molto colpito la loro curiosità e il loro rispetto per la figura del nostro Santo, il quale era convinto che nel cuore di ogni ragazzo, perciò anche in ognuno di loro, come ho tenuto a sottolineare, ci sia un seme da cui può germogliare il bene”.
Questo era il modo con cui Don Bosco amava i suoi giovani ed è il modo con cui i salesiani li amano ancora oggi: “Crediamo in voi e nelle vostre possibilità, sappiamo che quello in carcere è solo un momento della vostra vita, non è tutta la vostra vita”, ha detto Don Á.F. Artime agli ospiti del Ferrante Aporti, “l’anno prossimo vorrei trovarvi in un altro posto, magari tra le centinaia di giovani che festeggiano con noi la solennità del fondatore”.
Con questa visita il Rettor Maggiore racconta di essersi sentito ancor più vicino a San Giovanni Bosco e di aver percepito la gioia che lui provava a stare tra i giovani, ma al tempo stesso anche l’amarezza di vederli in un luogo come il carcere, dolore che lo condusse alla creazione di uno spazio pulito, libero e condiviso come l’oratorio.
“Sono qui perché ho dato retta alle persone sbagliate, ma voglio un’altra vita”: sono parole che Don Á.F. Artime ha sentito spesso pronunciare dai detenuti delle carceri che ha visitato, anche all’estero. E ancora: “A cosa mi serve essere qui?”. “Essere qui, se ci fossi per sempre, non ti servirebbe a nulla – è la risposta del X Successore di Don Bosco – ma esserci per un periodo ti serve a riflettere, a far tesoro di quest’esperienza per trovare il modo di non tornarci più”. E questo è un altro insegnamento prezioso che viene da Don Bosco, non a caso definito “il Santo dei giovani” da un altro santo che di giovani se ne intendeva: Giovanni Paolo II.
Fonte: Vatican News