Sia i salesiani, sia le autorità incaricate dell’assistenza ai migranti hanno rilevato un aumento del flusso di donne migranti a Tijuana. Dopo diversi mesi di dialogo e di lavoro da parte dei salesiani in collaborazione con le agenzie delle Nazioni Unite come l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM) e l’UNICEF, è stato possibile progettare un modello unico di assistenza in questa città di confine, attivando protocolli di cura speciali per donne, bambini e bambine e adolescenti.
L’assistenza fornita include servizi legali, psicologici, medici, spirituali… Secondo don Agustín Novoa, Direttore dell’intero “Proyecto Salesiano Tijuana”, il modello promosso in questo centro è un modello di “Amicizia Sociale”, in cui verranno coinvolte le suddette agenzie internazionali, enti governativi e la comunità di accoglienza promossa dall’opera salesiana.
Questa proposta in tal modo amplifica ciò che viene realizzato già da molti anni nel Refettorio “Padre Chava”, altra struttura salesiana che, oltre al cibo, offre a centinaia di uomini maggiorenni consulenza legale, medica, psicologica, spirituale… e un luogo dove dormire.
L’interesse comune dei diversi attori coinvolti è quello di fornire uno spazio sicuro alle donne e ai loro bambini, evitando la competizione tra le istituzioni e cercando di mettere al centro dell’attenzione la persona, la sua dignità e la difesa dei suoi diritti. Per don Novoa, questa è una grande sfida che “implica uscire dalla nostra zona di comfort, essere aperti al dialogo, andare incontro agli altri, imparare a vivere con gli altri e cercare i nostri punti in comune”.
Alcuni anni fa, un centro di accoglienza simile a quello attuale era già operativo nell’oratorio Don Bosco di Tijuana, durante la precedente emergenza migratoria che coinvolse migliaia di cittadini haitiani. Questa nuova proposta, tuttavia, ha un maggior numero di organizzazioni coinvolte e si propone di rispondere ai bisogni delle donne, non solo in situazione di mobilità, ma anche rifugiate, e offre una proposta che prende in carico anche i loro bambini.
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