di don Giovanni d’Andrea, SDB
Nel nostro immaginario l’oratorio è il luogo della socializzazione, del gioco e dello svago. Diversi di noi ci sono passati in giovani età. Lo stesso Nando Pagnoncelli, ricercatore sondaggista e Presidente di “IPSOS Italia”, deve all’oratorio di una parrocchia di Bergamo parte della sua formazione: “intorno ai 13-14 anni il curato ci faceva lezioni di buona politica, ci insegnava ad osservare il quartiere, a farci carico dei problemi degli altri e ci educava alla partecipazione” racconta.
È quello che Don Bosco definisce la formazione “dell’onesto cittadino e del buon cristiano”. È indubbio il valore socio-educativo dell’oratorio centro giovanile che insieme alle altre agenzie educative del territorio contribuisce a creare la rete educativa a favore delle giovani generazioni lì presenti. Non è dunque l’oratorio che agisce da solo ma sempre più e sempre meglio in un lavoro di rete.
Sono poco più di 8.000 gli oratori censiti in Italia, una tradizione che agisce in Italia da 450 anni, dai tempi di San Filippo Neri nella Roma del ‘500. In questi secoli l’oratorio ha saputo adattarsi alle esigenze dei tempi restando sempre nell’alveo dell’educazione, oltre che della formazione cristiana dei giovani.
In ambito di contrasto alla povertà educativa una delle attività principe messa in atto dagli oratori è quella del “doposcuola”: l’83% è la media nazionale degli oratori che mettono in atto questo servizio (89% al nord, 83% al centro, 74% al sud). Un servizio che si fonda molto sui volontari. Le attività di doposcuola assumono diverse modalità, da quello semplice dell’aiuto nel fare i compiti alla forma integrata che oltre al classico aiuto nei compiti aggiunge attività di socializzazione, sportive, di arti espressive (teatro, danza, canto, musica), focus group tematici… Queste ultime attività espressive sono svolte dall’88% degli oratori. Un’altra attività con una forte tendenza è quella sportiva con l’83%.
L’oratorio offre anche per gli adolescenti e giovani l’occasione di mettersi al servizio in attività di animazione ludica e formativa per i più piccoli il cui momento clou è in estate con i famosi “GREST” o “Estate Ragazzi” e gli immancabili campeggi. Vanno anche considerate le gite, elemento in cui si mettono assieme l’aspetto ricreativo, culturale ed ecologico-ambientale, un mix che aiuta il giovane a crescere in queste dimensioni. Il coinvolgimento dei giovani si concretizza anche nelle attività caritative e di volontariato.
Va anche considerato un altro aspetto socio-educativo svolto dall’oratorio, quello di essere luogo di inclusione per le diverse etnie che sempre più vivono in Italia. È in oratorio oltre che a scuola che i giovani immigrati di “seconda generazione” vivono processi di inclusione e, se ben guidati dagli adulti ed educatori, tutti possono scoprire la ricchezza che ogni cultura ha in sé. Questo apre anche ad un interessante confronto interreligioso.
Forse parlando di oratorio la nostra mente va a configurare l’immagine di cortili, campi da gioco, sale, biliardini ma questi sono da considerare come strutture. L’essenza dell’oratorio sono le persone, le diverse generazioni che si incontrano, i ragazzi ed i loro animatori più grandi, gli educatori, i genitori da coinvolgere sempre più e sempre meglio nel dialogo educativo: c’è il rischio infatti che l’oratorio sia visto come luogo “accuditivo”, un “parcheggio ad ore” per cui i genitori possono respirare un po’ e svolgere attività in maniera più libera, ma l’oratorio è invece un luogo educativo aperto alla collaborazione di tutti. Don Michele Falabretti, Responsabile nazionale della Pastorale Giovanile della Chiesa Italiana lo definisce insieme alla scuola “la più grande palestra di umanità e di relazioni umane che si possa immaginare”.
Relazioni umane che rappresentano una valida risposta alla povertà educativa minorile: è nella relazione che le persone si incontrano, si ascoltano ed avviano un dialogo che fa crescere ognuna delle parti, l’adulto chiamato sempre più a vivere da persona significativa ed il minore ad assumersi la sua responsabilità di continuatore ed erede del patrimonio culturale che una comunità educante gli affida e così di generazione in generazione.
I risultati dell’indagine sono stati pubblicati dalla casa editrice EDB di Bologna nel libro di Nando Pagnoncelli “Un pomeriggio all’Oratorio”.
Fonte: Vita