“Non abbiamo bisogno di una Chiesa seduta e rinunciataria”, ma di una Chiesa che, come il cieco Bartimeo, depone “il mantello della rassegnazione”, affida al Signore le sue cecità, si mette in piedi, “cammina insieme dietro a Lui e con Lui”, “raccoglie il grido del mondo e si sporca le mani per servire il Signore”, portando “la gioia del Vangelo per le strade del mondo”. È questa l’immagine della Chiesa sinodale che Papa Francesco offre nell’omelia della Messa per la conclusione della seconda sessione della XVI Assemblea generale del Sinodo sulla sinodalità, presieduta nella Basilica Vaticana. E il Sinodo “ci spinge a essere Chiesa come Bartimeo: la comunità dei discepoli che, sentendo il Signore che passa, si lascia svegliare dalla potenza del Vangelo e inizia a gridare verso di Lui”.
La storia di Bartimeo "scartato senza speranza"
Mentre all’altare celebra il cardinale Mario Grech, segretario generale del Sinodo del Vescovi, il Papa, seduto sul suo seggio, prende spunto dall’episodio di Bartimeo, presentato dal Vangelo di Marco, inserito nella liturgia di questa XXX domenica del tempo ordinario. E’ il cieco mendicante, “uno scartato senza speranza” che, però, “quando sente passare Gesù, inizia a gridare verso di Lui”. E “mentre tutti lo rimproverano perché sono disturbati dalla sua voce, Gesù si ferma. Perché Dio ascolta sempre il grido dei poveri e nessun grido di dolore rimane inascoltato davanti a Lui”.
Per vivere davvero non si può restare seduti
Francesco, alla fine del Sinodo, portando nel cuore “tanta gratitudine per quanto abbiamo potuto condividere” invita i 365 membri dell’assemblea, i cinquemila fedeli in Basilica e tutti quelli che sono collegati attraverso i media, a soffermarsi su quello che succede a Bartimeo: all’inizio, “sedeva lungo la strada a mendicare”, mentre alla fine, dopo essere stato chiamato da Gesù e aver riacquistato la vista, “lo seguiva lungo la strada”. Seduto a mendicare, commenta, come “una persona ormai chiusa nel proprio dolore”. Ma come sappiamo, aggiunge… “Per vivere davvero non si può restare seduti: vivere è sempre mettersi in movimento, mettersi in cammino, sognare, progettare, aprirsi al futuro”.
Una Chiesa seduta si accomoda nel proprio malessere
Questo, prosegue il Pontefice, può farci pensare “al nostro essere Chiesa del Signore”, quando tante cose “possono renderci ciechi, incapaci di riconoscere la presenza del Signore, impreparati ad affrontare le sfide della realtà”, a “rispondere alle tante questioni che gridano verso di no”. Ma davanti alle “domande delle donne e degli uomini di oggi, alle sfide del nostro tempo, alle urgenze dell’evangelizzazione e alle tante ferite che affliggono l’umanità, non possiamo restare seduti”.
Una Chiesa seduta, che quasi senza accorgersi si ritira dalla vita e confina se stessa ai margini della realtà, è una Chiesa che rischia di restare nella cecità e di accomodarsi nel proprio malessere. E a braccio, aggiunge: “Per favore, chiediamo al Signore che ci dia lo Spirito Santo per non restare seduti nella nostra cecità, cecità che si può chiamare mondanità, che si può chiamare comodità, che si può chiamare cuore chiuso … Non restare seduti nella nostra cecità, nelle nostre cecità”.
Discernere quando passa il Signore, e il brivido della salvezza
Papa Francesco chiede di ricordarci che il Signore passa sempre “e si ferma per prendersi cura della nostra cecità”. E io lo sento passare? – si domanda - Ho la capacità di sentire i passi del Signore? Ho la capacità di discernere quando il Signore passa? “Ed è bello se il Sinodo ci spinge a essere Chiesa come Bartimeo: la comunità dei discepoli che, sentendo il Signore che passa, avverte il brivido della salvezza, si lascia svegliare dalla potenza del Vangelo e inizia a gridare verso di Lui. Lo fa raccogliendo il grido di tutte le donne e di tutti gli uomini della terra”.
Raccogliere il grido di tutti
Qui il Papa ricorda il grido “di coloro che desiderano scoprire la gioia del Vangelo e di quelli che invece si sono allontanati”; quello “silenzioso di chi è indifferente”; quello di chi soffre, “dei poveri, e degli emarginati, dei bambini schiavi di lavoro, schiavizzati in tante parti del mondo per il lavoro”; la voce spezzata “di chi non ha più neanche la forza di gridare a Dio, perché non ha voce o perché si è rassegnato”.
“Non abbiamo bisogno di una Chiesa seduta e rinunciataria, ma di una Chiesa che raccoglie il grido del mondo e - voglio dirlo, forse qualcuno si scandalizza - una Chiesa che e si sporca le mani per servire il Signore”.
Seguiamo il Signore insieme, non per conto nostro
Sul secondo aspetto, Bartimeo che da seduto “segue Gesù lungo la strada”, Francesco commenta che questo significa: “divenne suo discepolo, si è messo alla sua sequela”. Balzato in piedi, subito dopo ha recuperato la vista. “Così, anche noi: quando siamo seduti e accomodati, quando anche come Chiesa non troviamo le forze, il coraggio e l’audacia necessaria per rialzarci e riprendere il cammino, ricordiamoci di ritornare sempre al Signore e al suo Vangelo”.
Bartimeo che segue Gesù lungo la strada, è, per il Pontefice, un’immagine della Chiesa sinodale: “il Signore ci chiama, ci rialza quando siamo seduti o caduti, ci fa riacquistare una vista nuova, affinché alla luce del Vangelo possiamo vedere le inquietudini e le sofferenze del mondo”.
“Il Signore lo si segue lungo la strada, non lo si segue chiusi nelle nostre comodità, non lo si segue nei labirinti delle nostre idee: lo si segue lungo la strada. E ricordiamolo sempre: non camminare per conto nostro o secondo i criteri del mondo, ma camminare lungo la strada, insieme dietro a Lui e camminare con Lui”.
Una Chiesa missionaria, che cammina con Dio lungo le strade del mondo
Per questo. L’invito di Papa Francesco è ad essere insieme “Non una Chiesa seduta, ma una Chiesa in piedi. Non una Chiesa muta, ma una Chiesa che raccoglie il grido dell’umanità. Non una Chiesa cieca, ma una Chiesa illuminata da Cristo che porta la luce del Vangelo agli altri. Non una Chiesa statica, ma una Chiesa missionaria, che cammina con il Signore lungo le strade del mondo”.
La Cattedra di Pietro: di amore, unità e misericordia
Avviandosi alla conclusione, il Papa invita a venerare la reliquia dell’antica Cattedra di San Pietro, accuratamente restaurata, ricordandosi “che questa è la cattedra dell’amore, è la cattedra dell’unità, e è la cattedra della misericordia, secondo quel comando che Gesù diede all’Apostolo Pietro non di dominare sugli altri, ma di servirli nella carità”. E il maestoso baldacchino berniniano “più splendente che mai”, dopo un altro restauro, “inquadra il vero punto focale di tutta la Basilica, cioè la gloria dello Spirito Santo”. Questa è la Chiesa sinodale, ricorda il Pontefice, “una comunità il cui primato è nel dono dello Spirito, che ci rende tutti fratelli in Cristo e ci eleva verso di Lui”. E il cammino insieme non finisce, va proseguito con fiducia. E come Bartimeo, si chiede alla fine Papa Francesco. “Io mi sento chiamato? Mi sento debole e non posso alzarmi? Chiedo aiuto? (…) Per favore, deponiamo il mantello della rassegnazione, affidiamo al Signore le nostre cecità, mettiamoci in piedi e portiamo la gioia del Vangelo per le strade del mondo”.
Le parole all'Angelus
E dopo la preghiera dell'Angelus, il Papa, ricordando la Messa per la conclusione del Sinodo appena terminata, invita tutti i fedeli a pregare “perché tutto quello che abbiamo fatto in questo mese vada avanti per il bene della Chiesa”.
Alessandro Di Bussolo
Fonte: Vatican News