Carlo, abbandonato piccolissimo dal padre e rimasto orfano di madre, viene accolto prima dalle FMA di Tirano e poi dai Salesiani di Sondrio. La Provvidenza gli offre la straordinaria opportunità di incontrare don Michele Rua, primo successore di Don Bosco, che apre al ragazzo la strada di diventare salesiano. Don Rua sorride a Carlo e, ripetendo il gesto che Don Bosco aveva compiuto un tempo con lui, mette la sua mano dentro la propria e gli dice: “Noi saremo sempre amici”. Certo a Carlo Braga le difficoltà non mancheranno ad ogni tappa di vita – da novizio, chierico, addirittura ispettore –, concretizzandosi in rinvii prudenziali e assumendo talvolta la forma della maldicenza: ma egli avrà ormai imparato ad affrontarle. Diventa intanto un uomo capace di irradiare una straordinaria gioia, umile, attivo e di delicata ironia: tutte caratteristiche che dicono l’equilibrio della persona e il suo senso di realtà. Sotto l’azione dello Spirito Santo, don Braga sviluppa egli stesso un’irradiante paternità, cui si unisce una grande tenerezza per i giovani a lui affidati.
Nel 1906 diventa salesiano e nel 1914 viene ordinato sacerdote. Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale è reclutato nell’esercito. Alla fine del conflitto, dopo essere miracolosamente guarito dalla “spagnola” per intercessione dell’Ausiliatrice, fa domanda di essere inviato in missione nell’Estremo Oriente. Nel 1919 arriva a Shiuchow, nel sud della Cina; qui conosce Mons. Luigi Versiglia, oggi santo. Nel 1930 diventa Ispettore della Cina, dando un notevole impulso allo sviluppo dell’opera missionaria salesiana. Vengono aperti l’orfanotrofio a Macau e cinque grandi centri a Hong Kong; fonda a Pechino la prima scuola salesiana: si realizzava il sogno di don Bosco. Nel 1950 l’opera salesiana, in netta espansione, vede i suoi sogni interrotti dal comunismo: ogni attività di educazione, di carità e di evangelizzazione è chiusa. Il crollo di tanto lavoro non lo demoralizza.
Viene inviato nelle Filippine dove avvia la presenza salesiana, diventando nel 1958 Visitatore. Il suo zelo e il suo entusiasmo contagiano gli altri missionari. Conserva una santa amicizia per tutte le famiglie dei confratelli, dei benefattori e degli alunni. Incanta tutti con la sua generosità e con la sua gratitudine, dettate dal suo grande cuore. Alla base di tutte queste straordinarie qualità ed imprese da lui compiute c’è la sua intima unione con Dio, il suo amore per Gesù, una volontà segreta di donarsi al Signore. Come semplice confratello si dedica a un’opera più fine: quella di confessore dei giovani e di direttore spirituale di anime consacrate.
Aveva partecipato a sette Capitoli Generali, portandovi una nota tutta sua di entusiasmo, di gioia e di ottimismo; conosceva la Congregazione come i vecchi salesiani della scuola di Don Bosco; era stato un pioniere del Regno di Dio. Può quindi dire sorridendo ai giovani novizi filippini che pensava al Paradiso come se già lo possedesse. Il Signore volle che la sua morte lasciasse la stessa impressione che egli aveva sempre trasmesso in vita: sempre allegro, pronto a tutto, osservante nei suoi doveri religiosi e sempre puntuale dovunque lo chiamasse il dovere. E così, alle 5,30 del 3 gennaio 1971, questo araldo del Vangelo rende la sua anima a Dio, dopo aver lavorato con instancabile zelo nella vigna del Signore. Dal 2014 è avviata la Causa di Beatificazione.
Di lui parla il Rettor Maggiore nella Strenna 2021 presentandolo come testimone di speranza: “Nel Servo di Dio don Carlo Braga troviamo un esempio di intelligenza pastorale sia nella sua instancabile dedizione alle missioni sia nell’accompagnamento dei membri della Famiglia Salesiana. Senza perdersi d’animo, ma con la speranza propria di chi ripone la propria fede in Cristo nostro Signore, ha saputo avere la pazienza che tanto raccomandava don Bosco per saper accompagnare i giovani nella costruzione di una matura personalità. Questa pazienza è stata il frutto dell’amore che scorreva nel suo cuore missionario, che gli ha permesso di costruire ponti tra le culture e non di erigere barriere. La chiamata che sentiva, di promuovere l’unità tra le persone, lo aiutava a superare le differenze che potevano sorgere tra gli altri, convinto di essere sempre sostenuto dalla grazia divina, che genera la cultura dell’incontro”.