Italia – CG28 - Don Pascual Chávez: “Non ci sarà altro modo di cambiare la società se non attraverso l’educazione”

(ANS – Torino) – A Valdocco sono riuniti i rappresentanti dei salesiani di tutto il mondo, che vivono il Capitolo Generale 28. Parlano una sola lingua e camminano con un unico sentire: i giovani. Nei loro cuori palpita il carisma salesiano, l’opzione per i giovani, il dono di un grande Padre, Don Bosco. In un’ampia intervista, condotta (in spagnolo) da don Daniel García, SDB, Don Pascual Chávez Villanueva, Rettor Maggiore emerito, risponde a partire della sua esperienza di 12 anni di servizio alla guida della Congregazione e degli ultimi 6 anni in giro per il mondo, toccando la vita dei Salesiani. Le sue risposte invitano i salesiani a guardare alla Congregazione da una prospettiva attuale “per continuare ad avere efficacia e validità come salesiani di Don Bosco”, e a collaborare per “dare risposte ad una società che cambia e ad un mondo e ad una Chiesa che si aspettano da noi una risposta a favore dei giovani”.

Don Pascuál, dopo aver terminato il suo incarico di Rettor Maggiore, ha continuato il servizio di predicazione su vari argomenti. Viaggiando in giro per il mondo negli ultimi sei anni, che immagine ha della Congregazione?

La prima cosa da fare è ringraziare il Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime, per avermi dato una missione davvero emozionante. Questo servizio mi ha dato l’opportunità di essere in contatto con la Congregazione in molte parti del mondo. Confermo che la nostra è una Congregazione con una dinamica e profonda identità carismatica. Ma mi ha permesso di vedere le cose da una prospettiva diversa, e ho potuto toccare con mano i problemi che i confratelli stanno vivendo. Per esempio, la facilità con cui la preghiera può essere sacrificata all’idolatria dell'attività. Si è notato che ci sono meno confratelli che portano il peso delle strutture. Ci sono alcune tensioni nelle comunità inter-generazionali e interculturali, dove cioè il numero dei fratelli più anziani è in crescita e quello dei giovani è in diminuzione, dove ci sono sensibilità diverse e spesso il clima familiare non è assicurato, né è possibile comprendere e portare avanti la missione salesiana.

Viaggiando per il mondo, ha potuto misurare l’attualità del carisma salesiano di Don Bosco nei diversi contesti?

Non c’è dubbio che stiamo assistendo a profondi cambiamenti sociali, culturali e religiosi, e tutti questi cambiamenti ovviamente propongono ed esigono risposte diversificate. Siamo una Congregazione presente in 134 Paesi del mondo e quindi i problemi concreti che ha una regione non corrispondono necessariamente a quelli di un’altra, e pertanto la risposta di una regione non è valida per un’altra. Ma allo stesso tempo, non c’è dubbio che tutti questi cambiamenti hanno a che fare con un fattore comune che è una crisi culturale.

A mio parere, Papa Francesco ha sintetizzato perfettamente la crisi attuale dicendo che è una crisi antropologica. L’uomo è stato sacrificato a una cultura tecnocratica e allo stesso tempo all’economia. Ciò significa che non ci sarà modo di cambiare la società e quindi la cultura, se non attraverso l’educazione. E questo è un compito specificamente educativo. Da questa prospettiva si può apprezzare il valore e l’attualità del Carisma Salesiano come del Sistema Preventivo nel suo complesso.

Siamo consapevoli che non viviamo più al tempo di Don Bosco, quindi c’è una nuova visione antropologica, c’è una nuova visione sociologica e una nuova visione teologica. E nella misura in cui riusciremo a tradurre per l’oggi il Sistema Preventivo e la nostra offerta educativo-pastorale, in quella stessa misura continueremo ad avere validità e grande attualità, e collaboreremo proprio per dare la risposta che oggi il mondo e la Chiesa si aspettano da noi.

Il tema di questo capitolo ci invita a pensare: Quali salesiani per i giovani di oggi? Cosa ci offre questo CG28 che può aiutarci nella vita salesiana?

Credo che il Capitolo ci offra un’opportunità unica per rendere tutti i confratelli consapevoli di questi profondi cambiamenti. Siamo chiamati ad avere la capacità di capire quali sono i bisogni, le aspettative e i desideri dei giovani. Se il Capitolo riuscirà a dare delle risposte avremo dato un grande contributo al rinnovamento della Congregazione, in modo tale che la Congregazione sarà all’altezza delle esigenze dei giovani di oggi. Sono convinto che questo ci permetterà di realizzare ancora una volta un rinnovamento fatto in fedeltà a Don Bosco, in fedeltà ai giovani e al tempo stesso di grande creatività.

Ritiene che i tre nuclei propostici dalla CG28 possano essere considerati separati, o vanno assunti e vissuti in unità?

A mio parere i tre nuclei proposti da questo Capitolo Generale 28 sono intimamente connessi e non possono essere separati. Possono essere separati in vista del loro studio e dovrebbero essere approfonditi uno per uno, ma senza mai perdere l’unità.

La vita consacrata sta cambiando ed è composta da quattro elementi. Il primo elemento è la diversità dell’origine delle vocazioni. Guardando le statistiche, chiediamoci: da dove viene il maggior numero di salesiani? Dall’Asia Sud, dall’Africa e dall’Asia Est, e quindi; non è più l’Europa, non è più l’America Latina da cui provengono le vocazioni. Questo ha grandi conseguenze nel campo del multiculturalismo. La sfida, quindi, è come rendere interculturale il carisma salesiano. Il carisma è nato in Italia, in Europa, e da qui si è diffuso e inculturato in tutte le culture. Il problema ora è come fare in modo che gli elementi carismatici essenziali non vadano perduti, e che non vengano introdotti elementi culturali che non fanno parte del carisma salesiano.

Il secondo elemento importante sono le nuove generazioni di religiosi. Queste nuove generazioni di religiosi sono più sensibili a certi aspetti, a certi valori, a certi atteggiamenti; ma molto più riluttanti ad altri. E a questo punto ci chiediamo: che tipo di formazione per questo tipo di giovani? In questo modo vogliamo garantire l’identità del carisma salesiano di cui hanno bisogno oggi.

Il terzo elemento è che si avverte sempre di più la priorità della missione sulle opere. Con il rischio però di perdere elementi importanti, che sono le strutture. Ma, attenzione, siamo a Valdocco: Don Bosco non pensava mica di “canonizzare” Casa Pinardi. Pinardi ed è stato il punto di partenza e lui sognò Valdocco come una struttura in grado di rispondere alle esigenze educative dei suoi figli. Per Don Bosco le strutture erano il mezzo attraverso cui la missione si rendeva visibile ed efficace. La sfida, quindi, è come ri-significare le presenze e le opere, affinché diventino presenze di un carisma, e come poter creare nuove presenze che rispondano ai giovani di oggi.

Infine, c’è un nuovo soggetto pastorale, per cui religiosi e laici siamo chiamati a condividere sfide, carisma e missione.

Credo che i tre nuclei del capitolo non possano essere separati. Sono uniti.

Lei viene presentato in pubblico come Rettor Maggiore emerito, ma sappiamo che vive in una comunità locale e che condivide la vita salesiana come un confratello tra i suoi confratelli. Come vive la vita in comunità?

Una cosa che porto sempre con me è cercare di far avverare il sogno di Dio su di me. Mi sono sempre chiesto: a cosa pensava Dio quando nella sua bontà, da bambino, voleva chiamarmi a imitare Gesù seguendo le orme di Don Bosco? Questo è per me ciò che mi preoccupa di più. Voglio realizzare il sogno di Dio nella mia vita. Allo stesso tempo sono consapevole che per 12 anni attraverso il magistero ho chiesto alla Congregazione tanti elementi, ho cercato di rinnovare la vita, la spiritualità e la missione; e quindi ora voglio vivere in prima persona ciò che ho chiesto ai miei confratelli, in modo tale che non si sia trattato semplicemente di una funzione che ho svolto e che non tocca invece la mia vita.

Ma al di là di queste situazioni e di questi pensieri, c’è qualcosa che mi preoccupa: è sentirsi sempre in grande armonia con tutta l’umanità. Ho sempre avuto una grande sensibilità a convivere con le grandi dinamiche della storia. Sono molto sensibile alla lettura della realtà storica. Mi piace sentirmi membro di un’umanità che cammina e marcia. Ma spesso si vede la storia con pessimismo, come se fosse sfuggita dalle mani di Dio. Invece Papa Francesco sta aiutando la Chiesa con un forte sapore evangelico, ci sta aiutando a vivere una primavera della Chiesa, caratterizzata soprattutto da una Chiesa missionaria, misericordiosa, sinodale. E infine, mi piacerebbe molto rendere la mia vita salesiana sempre un viaggio con la congregazione. Non credo che la parte migliore della mia vita sia alle mie spalle, ma che la mia vita salesiana guardi al futuro. Per questo voglio sentirmi in viaggio con tutta la Congregazione.

L’intervista è disponibile su ANSChannel in italiano, inglese e spagnolo.

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