di Alberto López, della Procura Missionaria Salesiana di Madrid
Quasi 15.000 salesiani sparsi in 1936 presenze di 134 Paesi dei cinque continenti attestano ciò che la parola missionario significa oggi, facendo loro la frase di Don Bosco “la mia vita per loro, i giovani”. Essere missionario comprende qualità che spiccano ad occhio nudo: la gioia sul volto, l’ottimismo da trasmettere, la speranza che si respira, la vitalità sempre giovane e la fiducia cieca nella Divina Provvidenza.
Tanto è vero che anche i più lontani dalla Chiesa riconoscono le virtù che non sanno vedere in altri ambiti religiosi. Persino le missioni di pace delle Nazioni Unite riferiscono nei loro rapporti che “nell’ultimo angolo del luogo più inospitale c’è sempre un missionario che stava lì prima del conflitto, che è rimasto con la popolazione durante e che rimane ancora anche una volta che le ONG se ne sono ormai andate”.
In generale, sono ammirati dalla popolazione e rispettati dalle autorità, anche se a volte sono anche temuti, perché difendono i diritti dei più vulnerabili. Molte volte le loro vite sono a rischio e subiscono minacce, ma non hanno paura della morte, al massimo temono di non essere giusti di fallire nel loro lavoro.
Il Rettor Maggiore dei Salesiani, Don Ángel Fernández Artime, riconosce che i missionari salesiani “non sono eroi, sono persone affascinate da Gesù, innamorate di Don Bosco, che consegnano anche la loro pelle ai giovani e che vogliono consumare la loro vita donandosi a loro. Un missionario è pieno di affetto, di volti, di incontri di vita, e così tutta la fatica, il caldo, il freddo, le ore in macchina… non sono pesanti”.
Essendo presenti in molti Paesi, si trovano a fianco delle popolazioni in guerra, in mezzo a epidemie, siccità e carestie, coordinano le attività d’emergenza di fronte ad una calamità naturale, distribuiscono cibo, offrono assistenza sanitaria e riparo, aiutano a costruire pozzi, portano luce e servizi igienico-sanitari nelle periferie meno assistite delle città… e tutto questo nel nome di Don Bosco.
I missionari salesiani hanno deciso di rimanere in mezzo alla guerra in Africa Centrale, in Congo, Sierra Leone e Siria; hanno lavorato con i bambini ex-soldato nei conflitti armati in America e Asia; si sono presi cura degli orfani dell’Ebola in Sierra Leone e Liberia; escono ogni giorno per le strade per salvare la vita di tante giovani impegnate nella prostituzione o che sono trafficate nei mercati di molte città africane, accolgono bambini che sopravvivono nelle bande e vivono per strada… e tutto questo, in modo disinteressato, generoso e disponibile.
I missionari lavorano 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana e 365 giorni all’anno, senza orari. Fortunatamente, molti di loro ogni tanto passano attraverso la Procura Missionaria Salesiana di Madrid, o perché vanno a Roma per qualche riunione o per fare qualche visita medica o per della meritate pause ogni tot anni… E commentano tutti la stessa cosa: “Sento che mi manca qualcosa, voglio tornare lì il prima possibile e non starmene fermo, perché qui mi stanco a non fare nulla…”.