“Uno dei nostri compiti di missionari è difendere l’identità di un popolo – spiega –. Penso che oggi sia più difficile, perché le interferenze della società occidentale nelle culture indigene sono molto forti. È il lato negativo del progresso – prosegue –. Da un lato una macchina fotografica o una videocamera sono strumenti preziosi per preservare la cultura, dall’altra i cellulari, la radio, la televisione invadono tutto con la cultura dominante”.
Il fenomeno della perdita culturale purtroppo è mondiale: si dice che si perdono 2-3 lingue al giorno nel mondo e con la lingua anche la cultura. Per questo da quando il sig. Bordignon è arrivato in Mato Grosso, negli anni Ottanta, l’attività che più l’ha impegnato è stata la creazione di una scuola differenziata a Meruri, “che facesse conoscere la cultura nazionale senza perdere la ricchissima cultura bororo”.
“La cosa più bella che ho fatto – racconta il Salesiano – è stata di lasciarmi affiancare da un anziano molto competente, che è stato il mio padrino. Io imparavo da lui e facevo da ponte con i ragazzi a scuola. Poco per volta abbiamo realizzato una scuola bilingue interculturale, coinvolgendo anche gli anziani”.
Oggi la scuola è in mano ai Bororo: sono stati formati i maestri, che hanno fatto studi universitari. Inoltre “due miei allievi sono avvocati, il direttore della scuola è indigeno” dice con orgoglio il Salesiano.
Altri temi critici sono il sostentamento economico degli indigeni e il rispetto dei loro diritti. “Il consumismo è arrivato anche qui: i Bororo hanno sperimentato un passaggio brusco dall’economia tradizionale a quella occidentale, faticano a capirne a ad assimilarne i meccanismi. È facile comprare, ma senza comprendere il processo di produzione, spesso sono spaesati”.
Il sig. Bordignon e gli altri Salesiani nelle missioni accompagnano i Bororo nella demarcazione delle loro terre. “Erano già state create delle riserve ufficiali riconosciute, ma i fazendeiros, i ricchi proprietari terrieri, le hanno occupate. I Bororo devono recuperare le loro terre. Oltre a rendere difficile la delimitazione delle loro terre, i fazendeiros vogliono che i Bororo affittino le loro terre, quindi le disboscano e piantano per la produzione su larga scala di soia, granoturco, canna da zucchero e per gli allevamenti intensivi di bovini. Questo tipo di produzione orientata al mercato esterno richiede l’uso di molti pesticidi che stanno intossicando le acque e i villaggi indigeni. Le uniche terre con un po’ di vegetazione in Brasile sono quelle indigene, quindi delimitarle è un bene non solo per gli indigeni, ma anche per tutta la nazione, perché sono un polmone verde importantissimo”.
Dopo oltre trent’anni in missione, il sig. Bordignon può affermare: “I Bororo mi hanno insegnato tanto. Partecipando ai rituali del funerale bororo mi ha molto impressionato questo: tutto quello che apparteneva al defunto viene bruciato. Io, scandalizzato, ho chiesto perché e il mio padrino, sorpreso dalla mia domanda, mi ha risposto: ‘Quello che vale di una persona non sono le sue cose ma quello che ha dentro, la sua morale, la sua cultura, il suo sapere’. Sono rimasto zitto e ho imparato”.
Fonte: Missioni Don Bosco