Ernest Casaponsa, un giovane di 30 anni delle realtà giovanili lasalliane, ha iniziato il dialogo con una frase ad effetto: “Nella Chiesa decidono quelli che non la vivono”. “Anche se parliamo di donne, non le si invita; anche se parliamo di giovani, non siamo invitati”; e se occasionalmente lo fanno, ha aggiunto “è il massimo da parte della Chiesa, ma ecclesiasticamente donne e giovani non esistono”.
Uno dei pericoli della Chiesa è “che i cambiamenti sono prodotti dalla necessità e non dalla convinzione” ha aggiunto Òscar Millán; è questo il caso, ha sostenuto, delle donne che appaiono “quando gli uomini non possono più esserci”.
“Se si guarda alle nomine di Papa Francesco, si vedono alcune donne nei Dicasteri”, ha affermato Manuel Olid, del Movimento Giovanile Salesiano. “La Chiesa locale ha già fatto questo cambiamento. Se si guarda ai consigli parrocchiali, chi è che coordina i catechisti? Chi guida la liturgia? La maggioranza dei voti nei consigli pastorali è femminile, la voce delle parrocchie è femminile”.
Per Gisela Pruna, soprannumeraria dell’Opus Dei, è chiaro che la Chiesa deve modernizzarsi, ma ciò non implica un cambiamento nel messaggio. Per lei il problema risiede non solo in una mancanza di adattamento, ma nel non aver compreso veramente il Vangelo.
Manu, da parte sua, ha sottolineato come la fede debba essere trasmessa, ed è evidente che “una parrocchia senza giovani non richiama altri giovani”.
Una delle sfide importanti per la Chiesa è “fare pedagogia del linguaggio impiegato”. Héctor Ganivet, del vescovado di Sant Feliu de Llobregat, ha riconosciuto che i giovani cristiani spesso si trovano “come in un campo minato, in cui bisogna evitare i concetti che si sa che fanno scattare l’allarme e creano muri e bloccano il discorso”.
Ciò che è apparso chiaro dall’appuntamento è che bisogna continuare a scommettere su una Chiesa aperta, dove, secondo Abril Fabà, “ci sarà spazio per persone che anni fa forse non si sarebbero sentite identificate e che fanno parte di nuove realtà sociali”.