Per don Uzhunnalil si mobilitarono immediatamente in tanti: in particolare un ruolo di primo piano in tutta la vicenda l’hanno avuto e l’hanno ancora il Ministro degli Esteri indiano, on. Sushma Swaraj, il Vicario Apostolico dell’Arabia Meridionale, mons. Paul Hinder, e i Salesiani dell’Ispettoria di Bangalore – responsabile della missione in Yemen – in particolare l’Ispettore, don Mathew Thonikuzhiyil, e il Segretario, don Mathew Valarkote.
Tuttavia, sulla sorte del missionario indiano, nipote dell’iniziatore della missione salesiana in Yemen, don Mathew Uzhunnalil, da quel 4 marzo non si ebbero più notizie sicure. Sulla rete, anzi, iniziarono a circolare voci di ogni tipo, soprattutto in prossimità della Pasqua, per fortuna poi rivelatasi infondate.
Più avanti, a luglio, sulla pagina Facebook di don Uzhunnalil comparvero delle immagini che sembravano ritrarlo in un cattivo stato di salute, bendato e percosso. Ma l’autenticità di quelle immagini venne subito messa in dubbio da chi più conosceva il salesiano, a cominciare dai suoi confratelli dell’Ispettoria di Bangalore, e di lì a poco quella pagina Facebook venne chiusa.
Se nelle prime settimane innumerevoli sono stati gli appelli, le veglie e le manifestazioni di vicinanza e di solidarietà – da parte di semplici cristiani, delle Missionarie della Carità e di molti altri religiosi e religiose, della Conferenza dei Vescovi dello Stato del Kerala e di tutta l’India, fino anche al Papa, che il 10 aprile, dopo la recita del Regina Coeli, rivolse un appello per la sua liberazione – la stasi della situazione ha fatto sì che l’attenzione mediatica sulla vicenda sia naturalmente scemata.
Per questo motivo oggi, a 8 mesi di distanza da quei tragici fatti e dal rapimento di don Uzhunnalil, la Congregazione Salesiana, a partire dal suo Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime, invita nuovamente a tenere desta l’attenzione sulla condizione di questo missionario e a continuare a pregare per lui e la sua liberazione.