"Stiamo bene e le nostre missioni hanno subito solo qualche piccolo danno alle pareti, ma c'è molta distruzione tutto intorno", ha spiegato Victor Auguste, un missionario salesiano, nei primi momenti dopo il terremoto. "Tutto è molto confuso, dobbiamo raccogliere informazioni e vedere come possiamo aiutare", aggiunge.
"Noi missionari stiamo bene, ma sappiamo che ci sono persone intorno a noi che hanno perso la vita e molte persone hanno perso le loro case", dicono i missionari che lavorano a Les Cayes, la zona più colpita dal terremoto e dalle sue scosse successive. Diverse famiglie si sono già rifugiate nella missione salesiana di questa zona.
Il terremoto non poteva arrivare in un momento peggiore per il Paese, dove la situazione resta molto instabile, a poche settimane dall'assassinio del presidente Jovenel Moïse. Ma ad Haiti occorre ricordare anche l'escalation di violenza che ha costretto più di 19.000 persone a fuggire dalle loro case. Inoltre, come il resto del mondo, il Paese sta affrontando la pandemia, con migliaia di persone infettate e poche risorse per affrontare il virus. Ad Haiti, più di 4,4 milioni di persone avevano già bisogno di assistenza umanitaria, secondo l'Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari.
Il primo ministro Ariel Henry ha dichiarato intanto un mese di emergenza nazionale e ha chiesto la cooperazione internazionale per aiutare la popolazione. Il Paese è tra i più poveri al mondo, con circa il 60% degli 11 milioni di abitanti che guadagna meno di 2 dollari al giorno. Inoltre, Haiti si stava ancora riprendendo dal catastrofico sisma del 2010, a causa del quale morirono più di 200.000 persone e milioni rimasero ferite.
È utile ricordare che i Salesiani sono presenti ad Haiti dal 1935. Arrivarono per rispondere alla richiesta del governo haitiano di aprire una scuola professionale. Da allora, i missionari salesiani hanno ampliato il loro lavoro fino ad includere 11 centri educativi principali e più di 200 piccole scuole in tutto il Paese.