Etiopia – I salesiani da 20 giorni senza comunicazione con la regione del Tigray, ancora nei disordini

25 Novembre 2020

(ANS – Addis Abeba) – Tre settimane senza comunicazioni con la regione del Tigray, nel nord dell’Etiopia. Tre settimane di violenza e nessuna notizia dai 25 salesiani che lavorano in quattro presenze in questa zona del Paese: Macallè, Adigrat, Shire e Adua. Migliaia di Etiopi, molti dei quali ragazzi e ragazze, intanto, continuano ad attraversare i confini del Sudan per sfuggire alle violenze.

Il Fronte Popolare di Liberazione del Tigray (TPLF, in inglese), ha deciso di indire a settembre le elezioni generali nella regione, che il governo centrale aveva deciso di rinviare per via della pandemia. Il governo centrale di Addis Abeba, guidato da Abiy Ahmed, ha ritenuto l’atto illegale e il 4 novembre, in risposta all’attacco subito da una base dell’esercito – afferma il governo centrale – ha dichiarato guerra al governo regionale tigrino, nel Nord del Paese. Il conflitto ha assunto anche una dimensione internazionale a motivo della crisi dei rifugiati che sta generando e dal lancio di un missile dal Tigray alla capitale dell’Eritrea, Asmara.

La situazione di violenza nel nord del Paese si aggiunge alle conseguenze della pandemia, alle piaghe delle locuste e alle inondazioni che quest’anno hanno danneggiato molte zone dell’Etiopia. “Stiamo vivendo un momento molto difficile. Il confinamento ha fatto soffrire molte persone per la mancanza di cibo, di materiale sanitario... e ora che le scuole stavano riaprendo le porte, il conflitto tra il governo federale e quello della regione del Tigray arriva a complicare la sopravvivenza delle persone e costringe tanti a fuggire in Sudan”, spiega il salesiano che coordina il locale Ufficio di Pianificazione e Sviluppo (PDO, in inglese).

La preoccupazione internazionale si concentra ora sulla situazione del mezzo milione di persone che vivono nella capitale del Tigray, Macallè, sul numero indefinito di vittime già causate dagli scontri e sulle oltre 200.000 persone che nei prossimi giorni potrebbero attraversare i confini del Sudan. Le Nazioni Unite stimano che possano essere centinaia di migliaia, i minori che hanno bisogno di aiuti umanitari in questa regione etiope, a causa della mancanza di elettricità, carburante, cibo, acqua e dell’interruzione di ogni genere di collegamento e comunicazione.

I salesiani sono arrivati in Etiopia nel 1975 e si sono stabiliti per la prima volta nella capitale del Tigray, Macallè. Le presenze salesiane nel Paese sono 14, di cui quattro proprio nella regione del conflitto. In queste quattro case salesiane operano 25 Figli spirituali di Don Bosco, che servono direttamente più di 5.000 bambini e giovani, attraverso centri educative di ogni ordine e grado, istituti tecnici, centri giovanili e parrocchie, senza dimenticare le migliaia di famiglie che aiutano e accompagnano, direttamente o indirettamente.

“Non abbiamo alcuna comunicazione con le nostre quattro comunità del Nord: Adigrat, Adua, Macallè e Shire. Non conosciamo la loro situazione e siamo molto preoccupati per i nostri confratelli, ma anche per gli studenti, gli insegnanti, il personale e tutti i bambini, i giovani e le famiglie che serviamo” aggiunge il salesiano responsabile del PDO.

Anche i salesiani dell’opera “Don Bosco Children”, ad Addis Abeba, esprimono la loro preoccupazione e il loro desiderio di una soluzione pacifica. “Vi chiediamo una preghiera perché il buon senso prevalga e perché i responsabili raggiungano un accordo pacifico. Già molto sangue è stato versato inutilmente e troppe persone hanno dovuto lasciare tutto e fuggire in Sudan come rifugiati”, affermano.

InfoANS

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