Se chiedete ai suoi professori che ricordo hanno di Vivek, vi parleranno di un ragazzo timido e introverso, che però amava partecipare a quante più attività extracurriculari fosse possibile. Ancora oggi conserva con orgoglio un bel portfolio di tutti gli attestati da lui vinti durante le giornate di studio, con note di merito in disegno, basket e ping-pong. Vivek è anche un appassionato di trekking e un fotografo di viaggi semi-professionista. La sua pagina di Instagram “Khanabdoshi” è come il suo alter ego digitale.
Dopo la scuola, ha frequentato il Corso Universitario di Medicina e Chirurgia presso il prestigioso “Maulana Azad Medical College” e in seguito ha finito la specializzazione in Anestesiologia e Rianimazione dello stesso college. Nel suo curriculum professionale e umano figura anche un servizio di 10 mesi con “Medici Senza Frontiere”, durante i quali ha lavorato nei più remoti centri sanitari delle periferie, cercando di sradicare le malattie infettive prevalenti nello Stato indiano del Bengala Occidentale.
Attualmente, opera presso il LNJP, dove il governo di Delhi gli ha fornito una sistemazione, dato che nel periodo di attività deve osservare un rigoroso isolamento, lontano dalla famiglia e dagli amici.
Data la natura del suo servizio, i turni, pure se prevedono una naturale rotazione, sono piuttosto irregolari. A volte il turno di Vivek inizia alle 3 di notte e continua fino alle 10 del mattino. La parte peggiore del lavoro, tuttavia, non è l’orario, ma lavorare con indosso tutti i dispositivi di protezione individuale. A molti operatori sanitari è già capitato di svenire causa del calore e della disidratazione mentre li indossano. Una volta indossato il kit, non si può mangiare, né bere, e neanche usare il bagno fino a quando non si procede correttamente alla svestizione e si sterilizza il tutto. Inoltre, gli occhiali protettivi e la visiera si appannano a causa del calore e dell’umidità, rendendo ancora più difficile vedere e agire.
È in queste condizioni che tutti gli operatori sanitari come Vivek si prendono cura dei pazienti.
“Lavorare in Terapia Intensiva è stato finora come un grande bagaglio di sentimenti contrastanti, come uno spiacevole giro sulle montagne russe – racconta Vivek –. Ci sono giorni in cui devi dare delle brutte notizie a diverse famiglie, e altri in cui la gioia sul volto dei pazienti guariti diviene per te come una benedizione, un raggio di speranza. Lo sforzo delle équipe mediche di tutto il mondo non credo sarà mai ricompensato completamente”.
Nonostante tutto, Vivek crede veramente che, con tutti i nostri difetti, gli esseri umani siano capaci di imprese incredibili e guarda con fiducia al futuro. “Questi sono indubbiamente tempi difficili. Ma abbiamo anche l’opportunità di essere la versione più bella di noi stessi. Sono tempi come questi che dicono quanto siamo veramente buoni e umani… Il mondo si riprenderà presto dalla pandemia. La tragica perdita di coloro che ci hanno lasciato non potremo dimenticarla. Ma speriamo di creare un mondo migliore con tutto ciò che questa pandemia ci ha insegnato”.
Don Babu Varghese, SDB