Gli educatori sottolineano la consapevolezza di aver assunto il concetto di “restare a casa”. Anche se poi ogni centro ha le sue peculiarità, due elementi sono divenuti grossomodo abituali. Da un lato, le équipe educative che vivono con i giovani spiegano che hanno “cambiato i turni di lavoro: stiamo su turni da 12 ore, 3 giorni alla settimana e il resto dei giorni sono di riposo”, specificano gli educatori dei centri di Torrent e Valencia della Fondazione “María Auxiliadora”. Dall’altro, c’è stato chi ha continuato a svolgere il proprio intervento virtualmente, recandosi nelle case se c’erano emergenze o se i destinatari avevano bisogno di materiale medico. Questo di solito avviene nell’ambito dei progetti di emancipazione o per i migranti che chiedono protezione internazionale.
“È un’esperienza educativa molto interessante, perché passano così tanto tempo insieme che danno più valore alla convivenza e lavorano di più sulla tolleranza e sulla gestione delle frustrazioni. Prima, per qualsiasi problema, la maggior parte di loro cercava rifugio in strada, ora deve affrontarlo e cercare di risolverlo”, spiegano gli educatori.
“In particolare va elogiato l’impegno degli educatori di altri programmi socio-educativi nel progettare nuove attività ricreative o educative, per rendere più leggero il confinamento a casa”, spiega Ignacio Vázquez, Direttore Generale della Fondazione Don Bosco.
I giovani dei gruppi appartamento e delle case di accoglienza si sono adattati a questa situazione atipica in modo responsabile e maturo, rispettando i protocolli, con un comportamento esemplare e collaborativo. “Noi salesiani abbiamo fiducia nei giovani, essi ci danno lezioni sulla loro capacità di adattamento e di resilienza. I giovani continuano ad essere un’opportunità per noi per imparare e approfondire la nostra vocazione di educatori”, affermano.
“Questa situazione influirà sul ritmo di emancipazione di alcuni beneficiari, poiché trovare un’occupazione sarà molto più difficile ora, e anche per coloro che sono in attesa di documenti e pratiche da risolvere, perché tutto è stato ritardato”, dice Vicente Pérez.
Per questo motivo, Rosana Palomares, Coordinatrice degli appartamenti per l’emancipazione della Fondazione Ángel Tomás, ricorda che c’è bisogno di un impegno in cui non manchino le risorse per assistere i gruppi più vulnerabili. E come sottolinea Ignacio Vázquez, “abbiamo imparato che nessuno si salva da solo”.