Siria – La ragazza siriana che “desiderava” che la guerra continuasse

18 Giugno 2019

(ANS – Aleppo) – Negli otto anni di guerra in Siria i salesiani sono rimasti nel Paese, al fianco delle centinaia di giovani e delle loro famiglie ad Aleppo, Damasco e Kafroun. “All’inizio della guerra non capivano che saremmo rimasti”, ricorda il missionario salesiano don Alejandro León, attuale Superiore dei salesiani in Medio Oriente. Ma la risposta era sempre la stessa: “Se la comunità alla quale Dio mi ha mandato è la mia famiglia, come posso abbandonarla nei momenti in cui ha più bisogno di me?”

Tutti piangono qualcuno che è morto, molti hanno perso ciò che avevano e la maggior parte delle persone è stata costretta a cambiare residenza o a lasciare il Paese.

Raggiungere la Siria e muoversi al suo interno non è facile. Come nel caso delle pandemie, molte organizzazioni internazionali e ONG hanno lasciato il Paese molto tempo fa. Tuttavia, la Chiesa, i Salesiani non se ne sono mai andati e continuano a stare al fianco della popolazione.

La guerra si è conclusa nelle grandi città, ma rimangono piccole sacche di conflitto, e gli innumerevoli posti di blocco militari su strade e autostrade e i rombi degli aerei e alcune esplosioni lontane continuano a coesistere con le migliaia di bossoli e residui bellici che popolano i campi e gli edifici in rovina.

In questi anni di guerra, ogni giovane può raccontare decine di aneddoti di situazioni di rischio, tensione e incertezza. “Quando salutavamo i nostri genitori al mattino loro cercavano di memorizzare com’eravamo vestiti nel caso di un riconoscimento… O ci scrivevano i loro numeri di cellulare sulle braccia nel caso succedesse qualcosa e avessimo dovuto avvertirli” spiega Biso Aghas, una giovane donna di Aleppo.

Majdoleen Alzukimi ha 23 anni e frequenta il Centro Giovanile Salesiano di Damasco da quando aveva sette anni. La sua storia è solo un altro esempio di tutte quelle che contengono il dolore e il trauma della guerra, ma anche la speranza per la pace e il futuro. Suo padre è stato reclutato, come moltissimi altri, per il servizio militare obbligatorio, ed inviato al fronte di guerra. “Lo vedevamo un giorno alla settimana. In teoria era in una zona sicura e vicina, ma la paura e la preoccupazione per lui ci accompagnavano sempre”, ricorda.

Né lei, né la sua famiglia può dimenticare il 21 marzo 2018, giorno della Festa della Mamma in Siria. Erano gli ultimi giorni di guerra a Damasco e i bombardamenti si intensificavano. Una delle ultime bombe che cadde su Damasco uccise suo padre e così la giovane Majdoleen dev’essere l’unica persona in Siria che dice in lacrime: “Avrei desiderato che la guerra non fosse mai finita a Damasco, perché la sua fine ha significato che mio padre è morto. Se la guerra fosse continuata, oggi mio padre sarebbe ancora vivo”.

Di Alberto López

Fonte: Misiones Salesianas/Vida Nueva

InfoANS

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