Guatemala – La testimonianza di due volontarie nella missione salesiana di San Benito Petén

28 Agosto 2018

(ANS – San Benito Petén) – Il missionario salesiano don Giampiero De Nardi in una informativa inviata ad ANS ha scritto: “Come ogni anno i volontari passano nella nostra opera e lasciano un ricordo indelebile. Quest'anno sono state due spagnole Ana e Marian”. Riportiamo una sintesi delle testimonianze delle due volontarie al termine della loro esperienza.

Ana

In primo luogo, c'è una vita dura in Petén, quel calore soffocante che toglie il desiderio di lavorare e fare le cose, le zanzare che possono trasmettere malattie importanti e che ti inducono a prendere molte precauzioni. Tutto questo diventa una piccola punizione per vivere la vita. Poi c'è la mancanza di sicurezza nelle strade.

Perciò ricordo tutti nella missione di Petén come piccoli eroi che vivono lì, sopportando il caldo, le zanzare, le strade pericolose, ecc. Ho conosciuto il genio di Don Bosco con gli oratori e il lavoro con i giovani. Gli oratori li ho trovati estremamente interessanti. Combinare la formazione umana e religiosa con il divertimento, facilitando le relazioni tra i giovani e tra i bambini. Anche l’attività di portare conforto e aiuti ai parenti dei malati nell’ospedale è molto importante.

Marian

Per me è stata una nuova sfida, tornare per la seconda volta nel Petén-Guatemala, in particolare nella presenza salesiana di San Benito a Flores. Incontrare di nuovo e abbracciare così tante persone con cui ho condiviso esperienze la scorsa estate, è stata una grande gioia, sentirmi nuovamente accolta da queste persone semplici e umili.

Ascoltare, accompagnare e prendersi cura sono state le parole chiave di questa esperienza; prendendo come riferimento la Strenna di quest'anno del Rettor Maggiore, "Coltiviamo l'arte di ascoltare e accompagnare" e fornire assistenza come parte essenziale della mia professione infermieristica.

Ho incontrato bambini, giovani, adulti e anziani che sono accoglienti, affettuosi, grati e anche, in molte occasioni, abituati a vivere in situazioni precarie di alloggio, igiene, salute, istruzione; e questo mi ferisce, perché la disuguaglianza che viviamo in questo nostro mondo "globalizzato" è ingiusta.

Sentire e toccare la povertà fa male e mi rende consapevole che abbiamo il dovere di essere solidali con le persone che non hanno le possibilità per sviluppare tutto il loro potenziale. Il sogno di Don Bosco è una realtà a San Benito, la comunità salesiana lavora instancabilmente per il bene di queste persone.

 

 

 

 

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