Don Spagnolo e don Marrone appartenevano entrambi alla Circoscrizione Speciale Italia Piemonte e Valle d’Aosta (ICP), entrambi vantavano un’esperienza missionaria in Africa di oltre 30 anni ed erano entrambi instancabili. Don Spagnolo, nel 2014, quando aveva già servito per tre decadi in diverse missioni dell’Africa Occidentale, “strappò” al suo medico e ai Superiori il permesso di ritornare in Nigeria come “incaricato” della nuova presenza salesiana di Ijebu-Ode. Aveva già 73 anni e si stava appena riprendendo da un tumore.
A mo’ di testamento spirituale si possono ricordare le parole che pronunciò nel 2017: “A 79 anni continuo a vivere con gioia ed entusiasmo la mia vocazione salesiana, come agli inizi. La vocazione salesiana è onnicomprensiva: ci dà il senso di Dio e di lavorare incondizionatamente per il suo Regno, totalmente liberi; ci dà la gioia della comunità che ci sostiene in ogni circostanza; ci offre un campo d’azione stupendo: stare e lavorare con i giovani ed essere vicino alla gente con lo spirito di don Bosco gratifica immensamente. Ci si dona, ci si sacrifica, si ama e si è ricambiati”.
Un percorso simile fu quello di don Marrone, per oltre 35 anni missionario in Nigeria, dove giunse per la sua disponibilità: quando fu avviato il “Progetto Africa” e all’Ispettoria del Piemonte venne affidato il patrocinio sulla Nigeria, disse informalmente all’Ispettore: “se hai bisogno conta su di me!”. Tre mesi dopo fu inviato in Irlanda per studiare l’inglese e prepararsi alla partenza.
In Nigeria fu fondatore di case salesiane, scuole, oratori, laboratori e di uno studentato teologico. Dopo essere rientrato in Italia, pur continuando saltuariamente a viaggiare nella sua seconda patria per formare le giovani vocazioni locali, ha lasciato anche lui, nello scorso marzo, una sorta di “testamento spirituale”: “Sono missionario per dono di Dio, in una chiesa e una congregazione che mi hanno dato sempre ampi spazi e ‘croci’ se vuoi , ma che ho sempre amato; progetti superiori a me che mi hanno e mi entusiasmano ancora, perché sono progetti di Dio sempre nuovo e che rinnova la nostra giovinezza”.
Don Gorgone, salesiano siciliano, curò le progettazioni di chiese e cappelle nella sua regione, “con un gusto e uno stile inconfondibile”. Solo tra le opere del messinese si possono ricordare la cappella del Seminario Arcivescovile, la chiesa del San Tommaso, l’adeguamento alla riforma liturgica del presbiterio dell’Archimandritato del Santissimo Salvatore, le cappelle interne della Casa di spiritualità delle Figlie di Maria Ausiliatrice ai Colli San Rizzo e dell’Istituto “Leone XIII” di Messina e quella delle reliquie della Beata Maddalena Morano nel Santuario di Maria Ausiliatrice di Alì Terme.
Don Urso, infine, anch’egli siciliano, fu tra i fautori, mezzo secolo fa, della nascita del Movimento Giovanile Salesiano in Sicilia e fervido sostenitore dell’associazionismo religioso, lavorando anche come Delegato ispettoriale per la Pastorale Giovanile. “Una testimonianza sacerdotale fraterna e un docente ammirevole”, lo ricorda oggi il Direttore della Pastorale Giovanile della diocesi di Messina, don Stefano Messina.
Di don Gorgone e don Urso, entrambi appartenenti all’Ispettoria Sicula (ISI) ha lasciato su Facebook un sintetico, quanto espressivo ricordo l’Ispettore ISI, don Giovanni D’Andrea: “Questa mattina (ieri, 1° dicembre, NdR) due confratelli, a distanza di poco tempo l’uno dall’altro, sono tornati al Cielo… Entrambi ‘architetti’: il primo di cappelle e chiese nella nostra Ispettoria, il secondo ‘architetto’ di Pastorale Giovanile, tra i fautori della nascita del Movimento Giovanile Salesiano, quasi 50 anni fa, e sostenitore dell’associazionismo salesiano. Il Signore accolga nella Gloria del Paradiso questi ‘servi buoni e fedeli’, da oggi in compagnia di Don Bosco, che hanno seguito nella loro vita”.
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