Viene da un viaggio in Angola e Mozambico. Prima è stato in India, e prima ancora in Brasile. Come si vive con le valigie sempre pronte?
Fisicamente è molto esigente, i ritmi sono inumani... Visitare comunità, gruppi e assemblee, con giornate di 15 o 16 ore. Ascoltare molto… È necessaria una buona salute… e soprattutto la forza che proviene dalla fede, dalla vocazione e da tante persone che ti hanno nel cuore e nei pensieri.
Qual è la visione del Rettor Maggiore sulla Congregazione?
La nostra congregazione è presente in 132 paesi... Stiamo vivendo alcuni anni di profonda serenità, non la pace del cimitero, no. Vedo molta vitalità, molta forza, una forza che non è nel potere, nel successo, ma nel servizio... Stiamo pensando di aprire altre tre presenze: in Gambia, Malesia e una nuova in un campo profughi in Uganda. La Congregazione sta facendo un percorso molto bello, con serenità, con una grande forza nel lavoro condiviso religiosi-laici.
Come Congregazione quali linee-guida state seguendo?
Abbiamo molto chiare alcune linee segnalate al Capitolo Generale. In primis, vivere come persone consacrate. Non siamo fornitori di servizi sociali, non siamo ONG ben organizzate con 15.000 membri. Siamo una congregazione con uomini di fede, consacrati, e questa è la testimonianza che vogliamo offrire. Ovunque cerchino di mettere a tacere Dio, vogliamo rendere Dio visibile attraverso la nostra vita, attraverso ciò che siamo e ciò che facciamo. In secondo luogo, c’è da rispondere in modo permanente alle priorità che sono i ragazzi, le ragazze e i giovani e, tra questi, i più bisognosi.
Voi siete la seconda congregazione per dimensione, dietro solo ai Gesuiti?
Non è una questione di numeri, ma siamo una congregazione significativa. Noi, come Figli di Don Bosco, siamo nati nelle periferie. Qualcuno potrebbe dire: i Salesiani stanno con i ricchi, e io gli dico, non è vero! L’opzione preferenziale, nell'85% delle opere, è per le persone umili e più povere.
E il lavoro nelle scuole?
Sono tornato da poco da Mumbai e ho incontrato 1.500 ragazzi e ragazze presi dalla strada, in dozzine di opere. Poi sono stato all’anniversario di una scuola d’élite e ho dialogato con gli educatori… Ho detto loro: “Dipenderà dai nostri frutti educativi se questa scuola abbia senso o meno... Non è una scuola salesiana se non educa all’identità cristiana. Se non educhiamo in modo che i nostri studenti abbiano una chiara coscienza sociale, un senso di giustizia e uguaglianza… Se è così, la scuola fa un grande lavoro sociale, educativo e religioso. Altrimenti, se è per formare al neoliberismo, possiamo chiuderla”.
Fonte: Periodista Digital