RMG – Una passione che non si spegne: don Costa e il giornalismo

(ANS – Roma) – Nel giorno in cui Radio Vaticana ha celebrato i suoi 91 anni di servizio di evangelizzazione e comunicazione, lo scorso sabato, 12 febbraio, don Giuseppe Costa, SDB, co-portavoce della Congregazione Salesiana, ha rilasciato ai microfoni di quell’emittente un’intervista nella quale parla a tutto tondo di comunicazione e Chiesa. Intervistato da Padre Vito Magno, RCI, don Costa ha condiviso la sua visione su questi temi a lui ben noti partendo dal suo ultimo libro, fresco di stampa, “Girovagando tra cronache ed eventi. Quarant’anni di giornalismo”, edito da Nema Press.

P. Vito Magno: Cosa ha provato nel lungo cammino che ha fatto?

Don Giuseppe Costa: Direi tanta ricchezza di trasmissione di valori e di esperienze di uomini che hanno risposto a Dio. Ho visto tante opere legate alla comunicazione, all’esercizio della carità da parte della Chiesa, nelle forme più diverse originali – penso alle iniziative del cattolicesimo americano nelle grandi città, come alle iniziative di solidarietà per l’Africa… Il Cristianesimo è ricco di tante esperienze positive. E avendole conosciute, io sono ottimista!

Il libro è diviso in sei capitoli: Don Bosco, l’America, i viaggi, i giovani, la Sicilia, i mass media. C’è un filo che li unisce?

In realtà ad unirli è stata l’occasionalità: io ho scritto per occasioni particolari e quando sono stato chiamato in causa. Ad esempio, quando c’erano le feste di Don Bosco, o nel 1988 in particolare, per il centenario della morte di Don Bosco, tanti giornali, come l’Osservatore Romano, mi chiedevano contributi sulla sua figura, essendo stato per molto tempo Direttore del Bollettino Salesiano. Poi, ho viaggiato in giro per il mondo, per esigenze di informazione salesiana e per seguire le vicende del mondo giovanile, come le GMG; le visite Sicilia erano per me naturali, un ritorno a casa da parenti e amici; e i giovani sono legati alla missione salesiana; quanto al soggiorno negli Stati Uniti, mi ha aperto una nuova finestra e tante prospettive nuove sul mondo dei mass media.

Il libro può dunque ritenersi un manuale pratico di giornalismo?

Sì, anche se è nato occasionalmente come frutto del lavoro per articoli richiesti dalle varie testate.

Da questa ampia panoramica, si può cogliere com’è cambiato il rapporto Chiesa-Media in questi anni?

Certamente, sì. C’è stato un cammino di condivisione, attraverso le tecnologie e gli appuntamenti, come la GMG di Santiago di Compostela, o le beatificazioni, che diventavano espressioni di slogan e modelli da dare ai nostri giovani e a tutti i credenti.

I Papi hanno saputo cogliere la sfida dei media: pensiamo a Papa Francesco che comunica con Twitter o che è intervenuto alla trasmissione “Che Tempo Che Fa”. Fanno bene ad intervenire così?

Certo, è un fatto positivo per trasmettere il più possibile il Magistero, anche se ogni strumento è diverso dall’altro. Nel caso dell’intervista televisiva è evidente la grande responsabilità del giornalista, che seleziona le domande e quindi impone il contenuto; nel caso di Twitter, invece, c’è il rischio di una strumentalizzazione, perché non si ha un controllo immediato. I circuiti social non sono facilmente controllabili, ma vale la pena correre il rischio.

Il tema offerto dal Papa per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2022 è stato “Ascoltare con l’orecchio del cuore”. Perché secondo lei il Papa ha sentito la necessità di “ascoltare?”

Non è scontato. Tanta comunicazione non tiene conto degli effetti del messaggio e del tipo di risposta che viene dato al messaggio stesso. Tante volte il feedback non viene ascoltato! Secondo alcuni la comunicazione è un gioco up-down, dall’alto verso il basso; per altri è un gioco tra due elementi paritari; ma è sempre un movimento che esige un momento di attesa, di silenzio, per cogliere che esito avuto quello che noi abbiamo lanciato per primi.

L’invito all’ascolto è dunque un invito a ben documentarsi, ad essere attenti alle fonti, alle possibili reazioni dell’ascoltatore… La dimensione dell’ascolto attraversa trasversalmente tutte le dimensioni della comunicazione, e trascende le forme tecnologiche. Oggi, nelle reti sociali, talvolta si perde questa attenzione.

Anche nella Chiesa c’è bisogno di ascolto, dice Papa Francesco. Il percorso sinodale può essere utile in tal senso?

Spero e penso di sì. Questo metodo sinodale dovrebbe portare le nostre comunità ad incontrarsi, a riunirsi e anche ad aprire le porte ai non credenti. L’ascolto è perciò alla base di tutto questo.

In conclusione, una domanda personale. La passione per il giornalismo che l’animava 40 anni fa, è rimasta sempre la stessa?

Sì, è rimasta la stessa. Era nata da ragazzo, con delle iniziative giovanili in oratorio, e ancora oggi permane il piacere di comunicare sensazioni, impressioni, ma soprattutto idee.

L’intervista completa è disponibile come podcast sul sito di Vatican News

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