Donne e uomini sfollati o migranti da tutta l’Etiopia, rimpatriati dopo essere emigrati, rifugiati da altri Paesi e persone vulnerabili, così come ragazzi di strada sono i beneficiari del progetto pilota avviato alla fine del 2020 ad Addis Abeba grazie alla collaborazione di diverse congregazioni religiose femminili e maschili e dal “Global Solidarity Fund” (GSF) – una rete che catalizza collaborazioni in favore dei più vulnerabili mettendo insieme entità cattoliche e connessioni sistemiche con imprese, investitori, filantropi, organismi internazionali e governi.
Tra gli sfollati dalle zone rurali dell’Etiopia o dal Tigray, uscito martoriato dalla guerra civile conclusasi solo a fine 2022, moltissime sono le donne giovani, tra i 18 e i 25 anni, spesso con gravidanze indesiderate, accolte dalle Missionarie della Carità di santa Teresa di Calcutta, che offrono assistenza gratuita al parto. Nella Casa della Carità di Addis Abeba, dove danno alla luce i figli, rimangono poi 3 mesi, e le missionarie danno alle giovani consigli su come prendersi cura di loro. Alcune non vogliono tenere i loro bambini, ma le suore di Madre Teresa cercano di accompagnarle in un percorso di consapevolezza e preparazione alla maternità che, quasi sempre, porta le giovani donne ad accettare quella gravidanza imprevista. Le religiose e gli assistenti sociali cercano poi di capire i loro interessi e talenti, e le inviano in dei centri nei quali vivono, con i loro piccoli, nel periodo di formazione.
In base ai loro interessi, frequentano corsi di design di moda, cucina, assistenza domiciliare e informatica al “Mary Help College” delle Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA); o di lavorazione del cuoio, fabbricazione di mobili o design grafico dai Salesiani al “Don Bosco Children Center”, o di produzione di abbigliamento del “Collegio Sitam” delle Suore Orsoline. Grazie alla formazione ricevuta, trovano presto lavoro nelle piccole aziende di abbigliamento di Addis Abeba, e vengono aiutate anche nella ricerca di alloggi e nel pagamento degli affiti.
Sememu Hibistu, migrante interna arrivata da Debra Marcos, ha trovato un alloggio insieme ad altre lavoratrici vicino all’azienda dove lavora. Perché per lei ogni spostamento è più difficile, avendo perso una gamba per un’infezione quando aveva solo 11 anni. Derartu Karle, che viene da Metu, in Oromia, laureata in gestione del turismo, ha chiesto aiuto alle Suore di Madre Teresa dopo aver subito violenza ed essere rimasta incinta. In quest’anno ha ottenuto la certificazione informatica “Cisco” dopo un corso al “Mary Help College” delle FMA, da pochi giorni lavora come codificatrice di dati in una scuola di bellezza di Lewi e attualmente vive al Nigat Center con la piccola figlia. Endashaw Tesfaye, venuto ad Addis Abeba a cercare lavoro dal sud dell’Etiopia, grazie alle Missionarie della Carità e al progetto del GSF, ha studiato saldatura al “Mekkanissa Center” dei salesiani e oggi è supervisore in un laboratorio. Vive da solo, fa i salti mortali per riuscire a pagare l’affitto, ma guarda al futuro con fiducia.
Ad occuparsi dell’accoglienza dei più vulnerabili c’è anche il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (JRS): i gesuiti offrono loro assistenza sanitaria di emergenza, sostentamento, attività ricreative, corsi di prima formazione e informali di lingua inglese, informatica e musica. Senza dimenticare che sempre a loro spetta la fase finale del percorso, la formazione imprenditoriale e l’autoimpiego.
L’altro centro di formazione dei salesiani inserito nella rete inter-congregazionale è invece il “Don Bosco Children Center”, che accoglie migranti, sfollati interni e ragazzi di strada raccolti quasi ogni mattina con il suo pulmino da don Angelo Regazzo, Economo della comunità, e coinvolti nel programma di primo contatto “Come ad see”. “Migranti e ragazzi non hanno soldi per andare a scuola o formarsi – riporta don Yohannes Menghistu, Direttore della comunità salesiana –. Qui possono studiare dalla mattina fino alle tre del pomeriggio. Prima però potevamo solo dargli un certificato e aiutarli a cercare un lavoro, oggi, grazie al progetto del GSF, hanno molte più opportunità di impiego nelle aziende e possono anche essere aiutati ad aprire un’attività in proprio”.
Nella speranza del consorzio questo progetto pilota, che già tanto bene ha fatto nella vita di tante persone, dovrebbe ora trasformarsi in un progetto definitivo e strutturato, in modo da poter assistere sistematicamente le persone bisognose.
Alessandro Di Bussolo
Fonte: Vatican News