Per il salesiano è evidente che ogni Chiesa locale debba assumere le caratteristiche dei popoli in cui si è incarnata, e sostiene che “il volto amazzonico non significa solo una liturgia con danze tradizionali…”
La Chiesa amazzonica può contare su un clero ridottissimo, cosa che, secondo Bottasso, non presenta segni di miglioramento. In questa situazione, “volere che le comunità si mantengano vive e che la gente si senta accompagnata solo da sacerdoti ordinati è un autoinganno”, dice il salesiano, che non reputa una soluzione valida le visite sporadiche con celebrazioni frettolose, le quali, invece, favoriscono “l’inarrestabile avanzata degli evangelici, che pongono un pastore stabile in ogni comunità”.
Di fronte a questa realtà, il salesiano non esita ad affermare che “la Chiesa in Amazzonia potrà rafforzare la sua vitalità se riuscirà ad essere capillarmente animata da ministri laici, altrimenti finirà per essere ridotta ad una presenza minoritaria”. Per questo propone una formazione non di anni e anni, ma ugualmente seria. Queste sono le “nuove vie che Papa Francesco ha chiesto quando ha convocato il Sinodo”.
Don Bottasso riflette sul progressivo radicamento degli Evangelici in Amazzonia, anche nelle grandi città, “il radicamento di uno stile pastorale che prevede la presenza permanente di un responsabile in mezzo alla gente”. E in tema di laici, il salesiano difende l’idea che essi possano “diventare veramente responsabili dell’animazione delle comunità”.
Solo il 7% dei 30 milioni di abitanti dell’Amazzonia sono indigeni. “La presenza delle popolazioni indigene ha cominciato ad essere vista come un ostacolo all’avanzamento del progresso,” secondo i salesiani, perché “il criterio di efficienza della mentalità attuale le ha trasformate in presenze, non solo inutili, ma anche fastidiose, di persone superate”.
Il missionario ricorda che “Papa Francesco insiste sul fatto che la preoccupazione della Chiesa deve essere rivolta in primo luogo a coloro che sono considerati ‘scarti’, perché altrimenti costruiremmo un mondo disumano che lascia da parte i più fragili: gli anziani, i malati, i migranti, le persone improduttive”.
Non nega “che portare loro il Vangelo è ancora molto attuale, ma non può essere fatto come se essi non avessero mai avuto una spiritualità”.
E allo stesso tempo riconosce che “anche i popoli amazzonici vogliono modernizzarsi”, soprattutto i giovani, che sentono una forte attrazione per la tecnologia, così che “non spetta al missionario fermare questa aspirazione”.