In primo luogo, perché ci sono problemi di ordine organizzativo e logistico. Racconta il Salesiano: “Qualcuno può stupirsi della differenza tra i dati ufficiali (che parlano di un centinaio di morti e circa 200 dispersi) e alcune stime (c’è chi ha ipotizzato migliaia di vittime, NdR). Ma qui il sistema anagrafico è molto approssimativo. Quando sono arrivato a San Benito, la località dove vivo attualmente, mi avevano parlato di 23-25mila fedeli. L’anno dopo, quando bisognava iscriversi alle liste elettorali, sono diventati 57mila! Per questo è molto difficile stimare quante persone siano rimaste sotto la cenere”.
L’eruzione del vulcano Fuego, inoltre, ha reso ben visibili altri problemi del sistema amministrativo: “in un territorio ad alto rischio sismico e pieno di vulcani non c’era nessun stanziamento di bilancio per le calamità, hanno fatto una legge ora in pochi giorni. E poi c’è una corruzione elevatissima, anche rispetto ad altri Paesi della regione” aggiunge il missionario.
Purtroppo le zone maggiormente colpite dalla calamità naturale erano anche le più ricche del Paese, e questa suscita molti interrogativi e dubbi per il futuro: “La zona colpita ha una densità abitativa molto forte, ed è una delle poche del Paese con un’agricoltura abbastanza sviluppata, è la zona più fertile del Guatemala e un polmone economico per questo Paese, mediamente molto povero. Ebbene, quali saranno gli effetti dell’eruzione a lungo termine? Penso ad esempio ai gas tossici che si sono sviluppati, alle polveri vulcaniche che si sono depositate per molti chilometri. Quali saranno i danni per la salute delle persone, per l’agricoltura, per il bestiame?”
E tutto questo accade in un Paese che è “l’unico del Centroamerica ad essersi impoverito negli ultimi anni, con una forbice elevatissima tra i pochi ricchi e i tantissimi poveri”.
Qualche segno di speranza, tuttavia, ancora c’è: “Vedo una grande solidarietà – afferma – il Paese si è mobilitato”.
Nel frattempo i Salesiani di tutta l’Ispettoria del Centroamerica continuano a collaborare per il soccorso delle persone che a causa dell’eruzione hanno perso tutto. Oltre al centro di raccolta attivo già da giorni presso l’Università Mesoamericana del Guatemala, che è una struttura salesiana, ne è stato aperto un altro a El Salvador, presso l’Istituto Tecnico “Ricaldone”.
Fonte: Agenzia Sir