Come vescovo emerito, come vede la situazione in Venezuela?
È una realtà preoccupante, che peggiora ogni giorno che passa. Quando esco di casa, c’è un piccolo cassonetto e posso vedere la gente che fruga nella spazzatura. C’è stata una gestione economica assolutamente fuori da qualsiasi criterio. C’è una svalutazione della moneta enorme, che ha causato disordine sociale ed economico.
Il rapporto dei vescovi con il governo di Maduro è stato molto teso?
Quando i vescovi affrontano i problemi sociali, non si pongono da un punto di vista politico e partigiano. Ciò che la Chiesa considera non è una posizione partigiana, di parte. Ciò che i vescovi chiedono è il rispetto delle persone… La posizione della Chiesa è molto critica di fronte alla posizione del governo e alle politiche intraprese, e affronta chiaramente la situazione sociale, di povertà, di fame della gente.
Sembrerebbe che la voce dei vescovi non venga ascoltata. Cosa sta facendo la Chiesa davanti alla povertà?
I vescovi sono in mezzo alla gente, chi sta lì nei quartieri è la Chiesa, sono i sacerdoti che stanno con le persone e soffrono con loro. Siamo stati chiamati “diavoli con tonaca”, “trogloditi”… Per noi non è un problema essere insultati, perché siamo una coscienza critica… È un peccato che la maggior parte della gente viva nella povertà e nella miseria.
Cosa vorrebbe dire al Presidente Maduro?
Che pensi al Paese. Che il Paese non si riduce alla visione di coloro che si sono aggrappati al potere... Rispetti la Costituzione e ricerchi la verità. Il problema più grande che vedo è che la verità è un elemento maneggiabile… Vorrei dirgli di mettersi in ascolto delle persone che soffrono... Di non chiudere gli occhi davanti alla povertà, alla miseria, al dolore delle persone, alla sofferenza degli ammalati. Le persone muoiono perché non c’è cibo, non ci sono medicine... Che ascolti le grida della gente!
Come vescovo e pastore, come può confortare così tante persone in questa terribile situazione?
Nella Bibbia è scritto: “conforta il mio popolo”. Questo è il nostro primo compito pastorale. Un secondo compito è curare le ferite della rabbia, dell’impotenza e del dolore e chiedere alla gente di non trasformare il dolore in odio… È terribile vedere madri che frugano tra la spazzatura per trovare un po’ di cibo per i figli affamati… E, da ultimo, chiediamo alle persone di non perdere la speranza. È bello notare che in tutta questa situazione è nato un senso di solidarietà tra le persone, si fanno pasti comuni, ci si aiuta gli uni, gli altri.
C’è la sensazione, infine, che “Dio è sempre presente”. Ovunque si sente ripetere: “Dio per primo”, “Dio, aiutaci”.