Il tempio venne realizzato su progetto degli architetti prof. Giulio Vallotti, dell’ufficio tecnico dei Salesiani, e dal prof. Nicola Mosso, di Torino, sullo stile delle grandi chiese romane della seconda metà del 500 e della prima del 600. Il progetto venne pensato riprendendo la forma di una grande croce latina, con il braccio maggiore di 72 metri, dalla soglia del pronao all’estremità dell’abside, e quello minore di 40 metri.
Esso venne solennemente consacrato il 17 maggio 1936, con una celebrazione mattutina presieduta dal cardinale Francesco Marchetti Selvaggiani, Vicario generale della diocesi di Roma, mentre, nel pomeriggio, a presiedere il rito fu il cardinale Eugenio Pacelli, Segretario di Stato Vaticano, futuro papa Pio XII.
Dal 1967 la chiesa è sede del titolo cardinalizio di “Santa Maria Ausiliatrice” in via Tuscolana e dall'aprile 1969 ha la dignità di basilica minore.
La facciata è divisa in due ordini. Nell'ordine inferiore, quattro colonne sormontate da un architrave e da un timpano coronano l'ingresso principale del tempio. Nell'ordine superiore è ripetuta la stessa monumentalità, solo che le colonne si riducono a due e al posto del portone vi è una grande finestra. Il tutto è sormontato da una balaustra al cui centro è posta una statua della Madonna col Bambino. La facciata ha, lateralmente, due torri campanarie, che ospitano un concerto di otto campane.
Le pareti ed il soffitto sono decorati con affreschi di ispirazione barocca, realizzati da Giuseppe Melle tra il 1957 ed il 1965.
Il suo primo parroco fu don Salvatore Rotolo (1881-1969), in seguito divenuto anche vescovo ausiliare di Velletri, che servì prima, durante e dopo i duri anni della Guerra Mondiale; fu poi prelato nullius di Altamura e Acquaviva delle Fonti e, successivamente, anche assistente al Soglio Pontificio. Partecipò a tutte le sessioni del Concilio Vaticano II. Oggi è sepolto all'interno della basilica, accanto all’altare dell’Ausiliatrice che amò tanto e fece conoscere e amare da tanti.
Don Rotolo ebbe l’incarico della creazione del centro salesiano dai suoi superiori dopo aver diretto le importanti case del Sacro Cuore a Roma e la Casa Madre di Torino. In un quartiere che doveva diventare uno dei più popolosi dell’Urbe, si adoperò indefessamente alla non facile impresa di dare un volto cristiano a un sobborgo in formazione. Egli favorì una tradizione cristiana nel quartiere e gli diede unità spirituale; la devozione a Maria Ausiliatrice divenne popolarissima in parrocchia e fuori, e i nomi dei grandi salesiani dati alle vie che circondano l’Opera, consacrarono a Don Bosco una popolazione a cui Pio XI aveva voluta dare una chiesa di grandi dimensioni e di nobile architettura.
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