Francia – Don Charmoille, SDB: “Le scuole non devono concentrarsi solamente sui programmi e i risultati”

(ANS – Ecully) – In questo mese si è tenuta ad Ecully, non lontano da Lione, la riunione annuale dell’Unione delle Reti delle Congregazioni dell’Educazione Cattolica (URCEC), organizzazione che negli ultimi sei anni è stata presieduta dal salesiano don Jean-Noël Charmoille, già Vicario dell’Ispettoria “San Francesco di Sales” di Francia-Belgio Sud (FRB). Nell’intervista che segue questi fa il punto sull’educazione cattolica in Francia.

Al termine del suo mandato da Presidente dell’URCEC, ci può spiegare cos'è quest’organizzazione e cosa rappresenta nel panorama educativo francese?  

L’URCEC è un’unione che riunisce i responsabili delle reti di congregazioni educative, nonché alcune associazioni di fedeli (Foyers de Charité, Emmanuel) e fondazioni canoniche che hanno la responsabilità delle scuole. Si tratta di una rete importante: l’URCEC rappresenta un terzo dei 2 milioni di allievi dell’educazione cattolica francese.

Cosa rappresenta la Rete Don Bosco nelle reti delle congregazioni francesi?

La rete Don Bosco è costituita da scuole gestite da salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice e conta circa 30.000 alunni in Francia (e altri 5.000 nel Belgio francofono). È una reta di taglia adeguata: quelle più piccole vediamo che talvolta sono in difficoltà

Nel complesso, le reti hanno dimensioni diverse e alcune hanno scelto di unire le forze con altre, di fondersi o di “devolvere” la supervisione dei loro istituti a un'altra rete o alle diocesi. In altre parole, la ristrutturazione è in corso, e lo è da diversi anni, per offrire alle scuole un sostegno sufficientemente strutturato.

Su cosa avete lavorato all’URCEC in questi anni?

Innanzitutto, abbiamo deciso di istituire un Segretariato Generale strutturato al servizio delle reti, in modo da poter ascoltare le loro domande, offrire loro sostegno se necessario, e parlare a loro nome e dare loro una voce specifica all’interno dell’educazione cattolica.

Ci siamo anche presi il tempo di conoscere bene le reti, di incontrare i loro leader, di fare il punto sulle loro risorse e di ascoltare i loro progetti. Questo ci ha permesso di sostenere i più vulnerabili, e naturalmente continuiamo a farlo.

Abbiamo anche creato un dipartimento di formazione per preparare le persone coinvolte con i giovani posti sotto tutela esterna alla famiglia, e sosteniamo l’Unione delle Organizzazioni di Formazione delle Congregazioni attraverso l’UNIFOC.

Negli ultimi anni abbiamo sentito molte critiche all’educazione cattolica, accusata di non fare la sua parte per la diversità sociale, anche se la maggior parte delle congregazioni religiose ha originariamente creato scuole per i più svantaggiati. È un argomento di discussione all’URCEC?

Ovviamente è una questione importante. Per contratto con lo Stato, la scuola cattolica è una scuola per tutti. Detto questo, come tutti sappiamo, lo Stato sovvenziona solo in parte le nostre scuole e noi dobbiamo ricorrere ad altre fonti di finanziamento, in particolare alle famiglie. Questo stato di cose può discriminare l’accesso alle nostre scuole. Dobbiamo quindi trovare altre misure di sostegno: sistemi di solidarietà, contributi familiari variabili in base al reddito, ecc. Detto questo, il protocollo di coeducazione firmato con il Ministero ci impegna e dobbiamo lavorare per migliorare le nostre condizioni di accoglienza per renderle più accessibili. A novembre, l’URCEC ha organizzato una giornata tematica su questo argomento e le discussioni proseguono.

Dalla sua posizione privilegiata, qual è la sua visione della scuola in Francia?

Il rischio è sempre quello di addormentarsi e di riprodurre sistemi che pensiamo funzionino per tutti gli alunni. Sono stati fatti alcuni progressi, con una migliore offerta per gli alunni con esigenze speciali e metodi di insegnamento più partecipativi e individualizzati. Ma c'è ovviamente un margine di miglioramento.

Le scuole delle congregazioni, da parte loro, non sono perfette. Ma fanno tutte parte della tradizione di un fondatore o di una fondatrice che, il più delle volte, hanno dovuto inventare un modello e quindi innovare, in un’epoca in cui l’offerta era scarsa, soprattutto per i bambini che non provenivano da ambienti privilegiati. È questa tradizione che deve ispirarci oggi: non riprodurre ciò che già si fa, ma cercare costantemente metodi di apprendimento e contesti scolastici in cui ogni bambino e ogni giovane possa fiorire, svilupparsi e coltivare il proprio progetto di vita.

La scuola non può solamente lavorare sui programmi e puntare ai risultati. Deve sforzarsi di offrire un ambiente stimolante e una relazione educativa appagante. E qui, credo che il riferimento a Don Bosco offra molti spunti.

Fonte : Don Bosco Aujourd’hui

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