Puoi presentarti?
Sono don Kujur George, dell’Ispettoria “San Francesco di Sales” di Dimapur, India. In famiglia siamo sette fratelli (3 maschi e 4 femmine) e io sono il terzo. Entrambi i miei genitori sono vivi e in buona salute. Vengo da una famiglia povera, isolata, di agricoltori e di tribù del tè. Sono cresciuto arrancando e faticando con i miei genitori nelle risaie e raccogliendo foglie di tè. Ho avuto la possibilità di studiare nella Scuola Apostolica “Don Bosco Dibrugarh”, in un momento in cui la mia famiglia stava attraversando una grave crisi economica dovuta ai problemi provocati dall'insurrezione nella mia regione, l'Assam (ULFA). I miei genitori avrebbero aspettato volentieri che intraprendessi una carriera accademica adeguata, trovassi un buon lavoro e li sostenessi. Ma le parole di Cristo, "cercate prima il Regno", mi hanno dato la convinzione e la spinta a perseguire la mia vocazione salesiana. Sono il primo sacerdote salesiano della mia parrocchia di Tongna, che è stata aperta dai salesiani e consegnata alla Diocesi di Dibrugarh nel 2009.
Cosa ti ha ispirato a scegliere di diventare missionario?
Da bambino avevo conosciuto il defunto don Patrick Soreng, che era viceparroco nella mia parrocchia d'origine e che poi è andato in missione in Sudan. Inoltre, ho frequentato anche don Jojo Kachapallil, ora missionario in Angola. Ho avuto diverse occasioni di interagire con i missionari che venivano a visitare l’Ispettoria durante le loro vacanze, come don Patrick Warjri, don KD Tom e don Joy Sebastian. Queste persone hanno acceso in me il fuoco della mia vocazione missionaria.
Sei contento del luogo in cui stai andando? Hai qualche timore riguardo al nuovo luogo, alla cultura e alle persone?
Anche se non sono mai stato in Nepal, sono molto felice di recarmici come missionario. Credo che il mio ministero e le mie esperienze pastorali, tra i tribali dell'India nordorientale, saranno di grande aiuto. Inoltre, il Nepal è il nostro Paese confinante e molte caratteristiche della cultura, dell'ambiente e della gente saranno simili. Come il motto dell'Arcivescovo Louis Mathias, non vedo l'ora di "osare e sperare", contando sulla guida e sulla protezione di Dio in questa nuova missione.
Come hanno reagito i tuoi familiari, amici e compagni quando hai detto loro della tua vocazione missionaria?
Ricordo le parole di mia madre, quando le parlai della mia vocazione missionaria. Mi disse: "Come una figlia, che una volta data in sposa appartiene a quella famiglia, così sei tu. Noi ti abbiamo dato a Dio, e ora lascia che Dio ti prenda e ti faccia fare quello che vuole, ovunque sia". Queste parole di mia madre sono state molto incoraggianti e consolanti.
Quali sono i tuoi progetti e sogni per la tua vita missionaria?
Ho dialogato e ricevuto indicazioni da don Alfred Maravilla, Consigliere Generale per le Missioni, e sento che mi offrirei pienamente per i due compiti missionari in Nepal: evangelizzazione e catechesi (pastorale) e sarei disponibile a qualsiasi responsabilità che la comunità mi assegna.
Hai dei modelli di grandi missionari di cui vorresti seguire lo stile e la vita?
Come citato sopra, sono molto motivato dal motto dell’Arcivescovo Louis Mathias, pioniere delle Missioni nel Nord Est dell’India, nel 1922, "Osa e spera!", ed è questo il mio modello di vita missionaria.
Qual è il tuo messaggio ai giovani in merito alla scelta missionaria e alla vocazione?
Dio, nella sua provvidenza, ha progetti e molte cose buone in serbo per noi. Dobbiamo essere aperti, saggi e coraggiosi per ascoltarlo e parlargli nel silenzio del nostro cuore, scoprirli e assimilarli e osare rispondere riponendo la nostra piena fiducia in Lui, ‘per Dio ogni cosa è possibile’ (Mt 19,26). Che Dio ci benedica tutti.
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