1. Il missionario che non sta unito a Dio è un canale che si stacca dalla sorgente.
2. Il missionario che prega molto farà anche molto.
3. Amare molto le anime; questo amore sarà maestro di tutte le industrie per far loro del bene.
4. Aspirare sempre e in tutto al meglio; ma accontentarsi sempre di quanto avviene.
5. Senza Maria Ausiliatrice, noi Salesiani siamo nulla.
Negli anni ’20 la Santa Sede decise di elevare la Missione salesiana in Cina a Vicariato apostolico e nonostante don Versiglia, nell’immensa umiltà che lo contraddistingueva, si ritenesse privo di qualsiasi abilità e virtù e delle forze necessarie per assumere ruoli di responsabilità e chiedesse con insistenza di essere esonerato da posizioni di direzione, venne nominato Vescovo e Vicario apostolico di Shiu-chow. La sua consacrazione episcopale avvenne il 9 gennaio 1921 nella cattedrale di Canton per le mani di Mons. De Guébrand, assistito dai Vescovi di Hong-Kong e di Swatow e alla presenza dei Superiori delle varie Missioni, dei rappresentanti del clero francese, italiano, portoghese, spagnolo, americano, e di una folla di fedeli accorsi da ogni parte, oltre che della “Schola Cantorum” dell’Orfanotrofio di Macao. “In verbo tuo laxabo rete” (Sulla tua parola getterò la rete): questo il motto scelto da Mons. Versiglia.
Divenuto vescovo, Mons. Versiglia non cambiò le sue abitudini, continuò a sacrificarsi per i confratelli e per i cinesi e si prestò a qualunque servizio: tipografo, sacrestano, giardiniere, imbianchino, persino barbiere. Quando i salesiani arrivarono nello Shiu-chow, la Missione possedeva unicamente una povera residenza in una stretta stradina che costeggiava le antiche mura della città ma, nel corso degli anni, Mons. Versiglia si adoperò per raccogliere fondi e, grazie al suo zelo e alle doti innate di architetto, progettò scuole, residenze, piccole chiese, una cattedrale, un ricovero per anziani, un dispensario, e ne seguì la realizzazione.
In 12 anni di missione, dal 1918 al 1930, il vescovo Versiglia riuscì a compiere prodigi in una terra non sempre favorevole ai cattolici. L’intrepido vescovo non si fermava di fronte a nulla, neppure alle carestie, alle epidemie, alle sconfitte che si presentavano a lui e ai suoi collaboratori, non sempre umanamente ricompensati: apostasie, calunnie, abbandoni, incomprensioni, viltà... Ma tutto era superato grazie alla preghiera, intensa e costante. Una donazione nello stile del Buon Pastore che verrà sigillata con il sangue del martirio il 25 febbraio 1930.