Tra paura e speranza
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23 Marzo 2020

È mezzogiorno, siamo a Roma, nella casa salesiana del “Sacro Cuore”, posta di fronte alla Stazione Termini, la stazione ferroviaria più importante d’Italia. Ogni giorno vi passano mezzo milione di persone, ma oggi solo una ventina di persone si muovono con il volto coperto da mascherine.

Penso alle altre città d’Italia e alle loro strade vuote, ai ristoranti chiusi e alla gente costretta nei propri appartamenti, a cantare canzoni sui balconi, non so se per noia o per darsi una speranza. Credo però che pochissimi di noi avessero immaginato quanto velocemente la malattia sarebbe arrivata qui nelle nostre case, nelle nostre scuole e negli oratori.

Penso alle scuole chiuse in tanti paesi dove i bambini dipendono dalle merende e dai pranzi scolastici per avere una buona alimentazione. Penso ai loro genitori che probabilmente perderanno le loro fonti di reddito, e mi chiedo come provvederanno alle loro famiglie nell’immediato futuro.

Penso alle nostre vite e alle nostre comunità religiose abituate a calcolare i rischi, a organizzare le agende, e a pianificare i processi - che sono stati violentemente interrotti, lasciandoci perplessi e immersi in un chiaro senso di precarietà.

Penso al ruolo che stanno svolgendo i mezzi di comunicazione, con la loro tendenza a caricare emotivamente, a “tingere di rosso” la presentazione dei fatti, talvolta fino a distorcere la realtà. Nella storia delle epidemie c’è stata spesso la tendenza a presentare i problemi maniera non appropriata e a provocare il panico tra la gente. Mi chiedo: non c’è spazio per la Speranza nelle azioni spesso eroiche dei nostri concittadini?

Penso al grande mito che abbiamo costruito di un mondo tecnologizzato, con città pianificate e spazi sicuri, che ora sperimentiamo la nostra debolezza e quella fragilità che il nostro ego non vuole riconoscere, ma che invece ci fa intuire che la nostra vita è in altre mani e che non siamo noi, ma Dio, a determinare la storia.  

Penso a tanti salesiani, uomini di fede e di speranza, che condividono le sofferenze con i nostri giovani, vedendo cadere i propri cari a causa di questa pandemia, e confortando soprattutto tanti che si trovano ad affrontare la paura dell’ignoto.

Speriamo che la pandemia di coronavirus sia un esempio di collaborazione globale per superare altre sfide per l’umanità: disuguaglianze, cambiamenti climatici, intolleranza, razzismo ed esclusione.

Questa epidemia prima o poi finirà. Nel frattempo, spero che il virus ci faccia capire meglio che siamo tutti esseri umani, e che quando, con l’aiuto di Dio, uniamo le nostre forze, possiamo ottenere tutto.

InfoANS

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