Russia – “Non capisco perché non tutti i Salesiani sono missionari”

(ANS – Aldan) – Don Jozef Toth è un missionario salesiano di 65 anni; vive in Yakutia, Siberia, Russia, dal 1992 ed è l’unico rimanente della comunità fondatrice della missione salesiana in quelle terre.

Come mai sei missionario?

Già nella formazione iniziale come Salesiano, grazie a don Sutka, un missionario slovacco in Ecuador, sentii una forte attrazione per la proclamazione del Vangelo ad altre nazioni. Questa vocazione si è rinforzata attraverso i film missionari e le lettere dell’Africa da parte da don Pravda. È stato un desiderio crescente di condividere la fede con altri popoli e culture.

E perché in Siberia?

Nel 1991 don Pravda fece una visita di esplorazione missionaria in Yakutia; io ne ero entusiasta e l’Ispettore di allora, don Kaiser, mi chiese di accompagnarlo in tale viaggio in Russia, da settembre a novembre. Mentre eravamo a Novosibirsk, ci fu detto che ad Aldan, c’era bisogno di insegnare religione nelle scuole pubbliche e nei villaggi. A quel tempo non c’erano nemmeno i missionari ortodossi. Aldan è una piccola città di 16.000 abitanti, ma tutti furano aperti e disponibile con noi. Dopo tutte le opportune valutazioni, il Rettor Maggiore, don Egidio Viganó diede l’assenso.

I momenti più belli vissuti in Yakutia?

Dopo la messa organizziamo un momento di dialogo amichevole con i nostri parrocchiani e parliamo liberamente del nostro lavoro missionario. Negli anni ‘90 l’effetto fu incredibile. Due donne cattoliche ci dissero una volta: “Senza la fede, la fede cattolica la nostra vita sarebbe diversa. Abbiamo un senso della vita, una visione diversa della vita, un rapporto familiare con i nostri vicini. Il vostro ‘stare insieme a noi’ nella nostra stessa vita, dura, con le condizioni meteorologiche della Siberia, è un segno importante”. Apprezzavano il significato della nostra vita missionaria.

E i momenti più duri?

Ne abbiamo fronteggiati molti, come quando nel 1998 un’animatrice di 13 anni morì all’oratorio a causa di un intervento medico tardivo. Nella nostra vita quotidiana, invece, non sperimento grosse difficoltà, accetto l’ambiente così com’è. Certo, anche il confronto pastorale tra i primi dieci anni (1992-2001) e una certa stagnazione nel periodo successivo al 2002, è arduo. Ma dal 2011 la situazione sta migliorando e ora siamo sulla buona strada.

Che cosa è più importante per l’evangelizzazione della Yakutia?

Conoscere le persone, il loro carattere, la loro cultura e la loro religione, nonché costruire profonde relazioni interpersonali.

L’impatto dei volontari che hanno servito in Yakutia?

I nostri volontari sono apprezzati per il loro impegno pratico e soprattutto come animatori d’oratorio. Spendono molto tempo con bambini e giovani e sono molto efficaci nella nostra missione, attraverso la musica, l’aiuto quotidiano, i lavori nei gruppi e la catechesi in russo.

La gente della Yakutia si avvicina alla Chiesa?

Per la gente della Yakutia Dio è qualcosa di “troppo alto”, non hanno alcuna possibilità di comunicare con Lui. Quando insegnavo quotidianamente nella scuola pubblica del villaggio Evenko-Yakut (1700 abitanti), i genitori degli allievi mi chiedevano: perché credi in Dio? Chi è Gesù? E io cerco di rispondere e condividere la mia fede con loro. I loro figli partecipano ai campi estivi salesiani e il loro desiderio di grazia e fede lentamente cresce.

Com’è il rapporto con il clero e la Chiesa ortodossa?                     

All’inizio erano molto cauti con noi e il nostro vescovo ci chiese di stare attenti. Ma durante i nostri primi incontri, a livello umano abbiamo sviluppato delle buone relazioni personali, abbiamo fatto amicizia nelle visite alle famiglie. Ora con i tre sacerdoti ortodossi presenti ad Aldan siamo buoni amici.

Fonte: AustraLasia

InfoANS

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