di Gian Francesco Romano
Don Jorge, ci parli dell’incontro con il Papa.
È stato il traguardo di un lungo anno passato a presentare il documentario “LOVE” e la realtà delle ragazze vittima di prostituzione di Freetown. Dopo aver fatto conoscere queste realtà in 12 città spagnole, a Ginevra, a Bruxelles, all’Europarlamento, a Bonn, a Torino, qualche giorno fa anche alla Presidente di Malta, che ha avuto un incontro davvero commovente con Augusta… Alla fine c’è stata questa possibilità di presentarlo anche al Santo Padre.
Noi gli abbiamo raccontato la storia di Augusta: il suo essere passata per “l’inferno sulla terra”, poi il suo incontro con Don Bosco e quindi “la salvezza” ottenuta attraverso l’educazione e la formazione professionale, e il Papa era davvero interessato alla sua realtà, perché come sappiamo si batte molto per arginare fenomeni come la tratta e lo sfruttamento. Per questo quando gli abbiamo consegnato il documentario “LOVE” e il libro “Girls with no name” (Ragazze senza nome) ha detto al suo segretario di portali nel suo appartamento. Con noi, in effetti, è rimasto a lungo, mentre con gli altri in fila passava rapidamente.
Alla fine ha posto una mano sul capo di Augusta e l’ha benedetta, benedicendo con lei tutte le ragazze che vengono riscattate attraverso l’impegno salesiano.
Valeva la pena compiere questo lungo tour di presentazione di “LOVE” in tante sedi istituzionali e con la stampa?
Alle volte me lo domando anch’io: “Perché sono qui, invece di stare a Freetown alla ricerca di altre ragazze da salvare?” Magari qualcuno può pensare che è una perdita di tempo e confesso che alle volte l’ho pensato anch’io.
Però, dopo quest’esperienza di un anno intero mi sono reso conto che la presenza dei Salesiani e del “Don Bosco Fambul” nei centri decisionali internazionali, ci aiuta non solo a far conoscere il nome di Don Bosco e il lavoro dei Salesiani in tutto il mondo; è importante soprattutto per il lavoro di advocacy, perché tutela effettivamente ed efficacemente i bambini e i minori cui ci dedichiamo.
Ad esempio, quando siamo tornati in Sierra Leone dopo aver presentato il documentario in tutta Europa, già l’anno scorso, l’abbiamo potuto mostrare anche a Freetown, davanti ai Ministri della Giustizia e del Benessere Sociale, al Procuratore Generale, al Capo della Polizia… E dato che nel documentario si parla anche di quei poliziotti che abusano della loro posizione, che sottraggono i guadagni alle ragazze, che le ricattano sessualmente… Beh, passata una settimana da quella proiezione l’Ispettore Generale della Polizia ha emanato delle linee guida per il trattamento delle minorenni vittime di prostituzione forzata, comprensivo di un invito ufficiale ad affidarle al “Don Bosco Fambul” e di misure come l’espulsione dal Corpo e un processo immediato per i poliziotti colti ad avere rapporti sessuali con tali bambine e ragazze.
Ancora, “dopo aver fatto tutto questo chiasso”, siamo riusciti a coinvolgere anche la moglie del Presidente della Repubblica nelle nostre azioni di sensibilizzazione, che è venuta con noi all’ONU a Ginevra e ha lanciato la campagna #handsoffourgirls (giù le mani della nostre ragazze).
Infine, dopo una nuova testimonianza di una ragazza accolta al Don Bosco Fambul – orfana per l’Ebola, lei stessa sopravvissuta all’Ebola e alla fine ripetutamente violentata da un uomo che la obbligava a stare con lui in casa sua – lo scorso 8 febbraio il Presidente della Repubblica ha dichiarato un’ “Emergenza Nazionale sull’Abuso Sessuale di Minorenni”: grazie a questa misura, qualsiasi ragazza abusata ha diritto all’assistenza medica gratuita, è stato creato un corpo speciale nella Polizia deputato a perseguire questi crimini, è stato predisposto un regime di priorità nei tribunali per i casi di abuso e i “mostri” – come li ha definiti – che li commettono saranno puniti con l’ergastolo!
Ora ci sono molti che dicono “attenti a Don Bosco”… Mi pare che tutto questo dimostri bene il potere delle azioni di advocacy salesiana.
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