Il Servo di Dio don Ignazio Stuchlý visse in un’epoca – quella tra il 1869 e il 1953 – contraddistinta da importanti rivolgimenti storici, politici e sociali. Ciò lo portò ad adattarsi a contesti sempre nuovi, ma anche a raccogliere e fronteggiare promettenti sfide, in obbedienza alla Chiesa e a servizio dei giovani. Questo accade attraverso atteggiamenti specifici, che spesso si tradussero per lui in incarichi di governo:
– quando, giovane salesiano non ancora presbitero, venne inviato a Gorizia a collaborare con l’arcivescovo card. Giacomo Missia e, insieme ad altri salesiani, seguì con particolare attenzione le vicende del Convitto “San Luigi”, destinato alle vocazioni sacerdotali dell’arcidiocesi, che allora mancava di preti, accompagnando una vera fioritura vocazionale;
– quando si trasferì a Ljubljana, in Slovenia e qui, con infaticabile dedizione, contribuì all’avvio dell’opera salesiana locale, ma riuscì soprattutto a portare a termine i lavori per la costruzione del santuario di Maria Ausiliatrice a Rakovnik, luogo ancora oggi importante, vero centro mariano, presso la capitale;
– quando, improvvisamente richiamato in Italia, nel pieno degli anni ‘20, selezionò i candidati alla vita religiosa salesiana per la Cechia, attuando un fermo e prudente discernimento;
– quando trapiantò quest’opera in patria, quale fondatore e insieme pioniere della presenza salesiana in Boemia e Moravia, in risposta al bisogno concreto della Chiesa locale.
Quale fondatore della nascente presenza salesiana in quelle terre, quindi Superiore dell’Ispettoria Cecoslovacca (1935) e poi della sola Ispettoria Ceca, don Stuchlý accompagnò inoltre, tra il 1925 e il 1948 per la sola Boemia e Moravia, almeno 200 nuove vocazioni salesiane; fu fondatore di case; traghettò l’opera attraverso il dramma della Seconda Guerra Mondiale, con la sua requisizioni dei beni materiali e la dispersione dei confratelli…
Ai confratelli cechi il Servo di Dio riuscì a trasmettere non le sole “strutture”, ma anzitutto il vivo spirito della tradizione salesiana, che egli aveva respirato in Piemonte, anche godendo di una particolare familiarità con il beato Michele Rua e altri salesiani santi.
Sotto l’incombere del regime nazista e poi con l’arrivo del totalitarismo comunista, e anche negli ultimi anni di vita, trascorsi nella solitudine e nella reclusione di una casa per anziani (dove era spiato e controllato), don Stuchlý continuò ad attestare questa fedeltà integrale alla Chiesa e alla Congregazione salesiana, incoraggiando i più giovani e testimoniando come nessuna condizione di sofferenza e di ingiustizia storica possa allontanare dalla pienezza di donazione a Cristo e di servizio alla Chiesa.