Don Zeman aveva lottato contro la morte per 18 lunghi anni: e alla fine si era arreso solo al suo Signore. L’infermiera che lo assiste dirà di “non avere mai visto un uomo lottare così contro la morte”.
I funerali, l’11 gennaio successivo, furono un trionfo di fede e di affetto. Concelebrano svariate decine di sacerdoti, sfidando i divieti del regime. Accorsero alcuni dei ragazzi che lui aveva aiutato a diventare preti. Persino le spie del regime, presenti tra la folla, riportano nei verbali riservatissimi che era stato definito “martire”.
Don Andrej Dermek, allora Ispettore dei salesiani in Slovacchia, poté quindi pronunciare a buon ragione queste parole: “Ci incontriamo nel cimitero... come i primi cristiani nelle catacombe. Forse così è per noi religiosi. La vita ci disperse, invece la morte ci riunisce [...] In questo posto incomincia oggi a riposare il combattente che lottò sino alla fine, il sacerdote che finì di celebrare la Messa della sua vita. Si tratta di una partenza [...]. La sua vita fu sempre e dappertutto una vita sacerdotale”.
Don Zeman accompagnava a Torino i giovani salesiani perché completassero gli studi di Teologia e venissero ordinati sacerdoti: non ne faceva dei fuggitivi, ma persone responsabili, capaci di formarsi al meglio per il servizio del popolo di Dio. Il giudizio più vero e più pieno sulla vita e il sacrificio di don Zeman viene però da chi l’ha conosciuto e di lui dice: “Era santo ed è morto martire”. Il 30 settembre 2017, infatti, è stato beatificato come martire a Bratislava.
Particolari celebrazioni si terranno presso la casa ispettoriale di Bratislava e al Paese natale di Vajnory, dove in un’artistica urna sono custoditi i resti mortali. A Roma si terrà una solenne concelebrazione, presieduta dal Rettor Maggiore, presso la Basilica del Sacro Cuore.