La presentazione del documentario “Alto el Fuego” (Cessate il Fuoco) a Roma, Bruxelles e Madrid ha permesso di mostrare i volti concreti – quelli di Catalina e Manuel – di questa terribile realtà, per evitare che, essendo tale fenomeno una piaga lontana dalla quotidianità di molti di noi, si riduca l’impegno a porre fine a questo sfruttamento.
Como Salesiani vogliamo sottolineate tre aspetti chiave:
Il bambino è una vittima e non è mai colpevole della sua situazione: anche nei casi in cui questi si siano uniti “volontariamente” a un gruppo armato, tale decisione è in realtà forzata da tante forme di povertà o rappresenta l’unica via di fuga da varie forme di abusi. È fondamentale lavorare per il ripristino dei loro diritti come cittadini, con équipe multidisciplinari di professionisti.
L’educazione è la chiave del successo nel lungo cammino di reinserimento: un’educazione adeguata alla situazione di ciascun individuo è essenziale per la sua piena inclusione sociale. È assolutamente necessario che la proposta educativa sia individualizzata, adattata alle circostanze e al momento che ogni individuo sta vivendo. Allo stesso tempo è necessario combinare i vari aspetti di una persona: professionali, culturali ed affettivi.
La prevenzione come soluzione duratura al reclutamento dei bambini come soldati: la prevenzione è nel DNA di ogni educatore. Bisogna porre in atto tutte le strategie a disposizione per evitare l’arruolamento dei minori, tenuto conto che il costo personale, sociale ed economico di tali strategie è di gran lunga inferiore rispetto a quello dei processi di reinserimento attualmente in corso.
Una delle proposte chiave di “Ciudad Don Bosco” è stata l’elaborazione di materiali per prevenire il reclutamento. Il successo di una proposta sta nell’impatto di un messaggio trasmesso tra pari e una strategia ben elaborata di prevenzione.
L’impatto di “Alto el Fuego” sta andando ben oltre i confini della Colombia e sta offrendo dei volti concreti al sanguinoso conflitto che ha vissuto la Colombia.