Italia – Celebrazioni per l’80° della morte di don Elia Comini, SDB, e padre Martino Capelli, SCI

02 Ottobre 2024

(ANS – Bologna) – Il 1° ottobre 2024, nella chiesa parrocchiale di Salvaro, poco fuori Bologna, è stata celebrata l’Eucaristia in ricordo dell’eccidio della Botte di Pioppe di Salvaro, una delle stragi di Monte Sole, in cui trovarono la mortei Servi di Dio don Elia Comini, salesiano, e padre Martino Capelli, dehoniano, insieme ad altri 43 civili.

La concelebrazione è stata presieduta da don Pierluigi Cameroni, Postulatore Generale delle Cause dei Santi della Famiglia Salesiana, con don Ramón Domínguez Fraile, Postulatore Generale dei Dehoniani, don Antonio Feltracco, parroco di Salvaro, don Massimo Setti, parroco dell’opera salesiana “Sacro Cuore” di Bologna, e don Gabriel Cruz, Animatore Spirituale Mondiale dell’Associazione di Maria Ausiliatrice e collaboratore della Postulazione Salesiana. Erano presenti anche Guido Pedroni, Custode Generale della Comunità della Missione di Don Bosco (CMB), 28° gruppo della Famiglia Salesiana – comunità che ha sede a Bologna – con alcuni altri membri; Caterina Fornasini, nipote del Beato Giovanni Fornasini; e Pietro Marchioni, nipote del Servo di Dio don Ubaldo Marchioni.

In occasione dell’80° anniversario dell’eccidio di Monte Sole – un insieme di stragi compiute dalle truppe nazifasciste in Italia tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944 – anche i Presidenti delle Repubbliche di Italia e Germania, rispettivamente on. Sergio Mattarella e on. Frank-Walter Steinmeier, si sono recati nei luoghi dei massacri: domenica 29 settembre, nello specifico, si sono recati nel vicino comune di Marzabotto per omaggiare le vittime di quella che fu la più efferata strage di civili realizzata in Europa Occidentale nella Seconda Guerra Mondiale, e da lì rilanciare un messaggio di riconciliazione di pace.

L’atto civile era stato preceduto da una Messa presieduta nella chiesa parrocchiale di Marzabotto dall’Arcivescovo di Bologna e Presidente della Commissione Episcopale Italiana (CEI), Cardinal Matteo Zuppi, che nell’omelia aveva ricordato: “La giustizia è più forte della vendetta (…). Il male si combatte con l’amore (…). Riportiamo la vita dove c’è la morte”.

Il triduo di passione per don Elia Comini e per padre Martino Capelli iniziò venerdì 29 settembre 1944. I nazisti causarono il panico nella zona del Monte Salvaro e la popolazione si riversò in parrocchia in cerca di protezione. Don Comini, rischiando la vita, nascose una settantina di uomini in un locale attiguo alla sagrestia, coprendo la porta con un vecchio armadio. L’espediente riesce. Infatti, i nazisti, perlustrando i vari ambienti per ben tre volte, non se ne accorgono. Giunse intanto la notizia che le truppe SS avevano massacrato in località “Creda” svariate decine di persone, tra le quali c’erano feriti e moribondi bisognosi di conforto. Don Comini celebrò la sua ultima Messa al mattino presto e poi insieme a padre Capelli, presi l’olio santo e l’Eucarestia, si affrettò sperando di poter ancora soccorrere qualche ferito. Lo fece liberamente. Tutti, infatti, lo dissuadevano: dal parroco alle donne lì presenti. “Non vada, padre. È pericoloso!”. Provarono a trattenere don Comini e padre Capelli a forza, ma essi presero questa decisione con piena consapevolezza del pericolo di morte. Don Elia disse: “Pregate, pregate per me, perché ho una missione da compiere”; “Pregate per me, non lasciatemi solo!”.

Nei pressi della Creda di Salvaro i due sacerdoti vennero catturati; usati “come giumenti”, furono costretti a trasportare munizioni e, a sera, vennero rinchiusi nella scuderia di Pioppe di Salvaro. Sabato 30 settembre, don Comini e padre Capelli spesero tutte le loro energie nel confortare i numerosi uomini rinchiusi insieme a loro. Il Commissario Prefettizio di Vergato, Emilio Veggetti, invano cercò di ottenere la liberazione dei prigionieri. I due sacerdoti continuarono a pregare e a consolare. A sera si confessarono reciprocamente.

Il giorno seguente, domenica 1° ottobre 1944, sull’imbrunire, la mitraglia falciò inesorabilmente le 46 vittime di quello che sarebbe passato alla storia come l’“Eccidio di Pioppe di Salvaro”: erano gli uomini considerati inabili al lavoro; tra loro, i due sacerdoti, giovani e costretti due giorni prima al lavoro pesante. Testimoni che si trovavano a breve distanza, in linea d’aria, dal luogo dell’eccidio poterono sentire la voce di don Comini che guidava le Litanie e udire poi il rumore degli spari. Don Comini prima di accasciarsi colpito a morte diede l’assoluzione a tutti e gridò: “Pietà, pietà!”, mentre padre Capelli alzandosi dal fondo della Botte tracciava ampi segni di croce, finché non ricadde supino con le braccia aperte, in croce.

Non fu possibile recuperare nessuna salma. Dopo venti giorni, furono aperte le griglie e l’acqua del Reno trascinò via i resti mortali, facendone perdere completamente le tracce. Nella Botte si morì fra benedizioni e invocazioni, fra preghiere, atti di pentimento e di perdono. Qui, come in altri luoghi si morì da cristiani, con fede, con il cuore rivolto a Dio nella speranza della vita eterna.

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