di don Octavio Sabbadin
Una lettera di ringraziamento da parte salesiana, con l’invito a conoscere la casa, la fece partire per la Bolivia. Andò, vide, si fermò per circa 3 mesi e alla fine decise di restare per sempre. I bambini della Casa le avevano conquistato il cuore.
Era il 1994 quando iniziò la sua “missione” tra i bambini del “Proyecto Don Bosco”. Si dedicava al servizio della casa, prendendosi cura del vestiario dei bambini. Raccoglieva donazioni di abbigliamento e le sistemava, lavava e riparava, conservando tutto ciò che sarebbe potuto servire. Si portò dietro tutto quello che aveva a casa sua, dalle lenzuola alla cucina.
Parlava una lingua speciale, un miscuglio di Italiano, Spagnolo e Sloveno – la sua origine infatti era slovena – ma tutti la capivano perché era il linguaggio dell’amore.
Nutriva la sua vita di servizio con la preghiera: era un membro aggiunto della comunità salesiana, con la quale partecipava ogni mattino alla meditazione, alla preghiera delle Lodi e l’Eucaristia. La corona del rosario l’accompagnava tutto il giorno. Era felice quando, di sera, qualche gruppo di bambini partecipavano alla recita del rosario.
Venne dichiarata “Cruceña d’Oro” (cittadina di Santa Cruz) dagli Amici del Circolo italiano. Una sola volta tornò in Italia, per la malattia e morte del suo unico figlio. Tornò dicendo: “Non voglio tornare in Italia, voglio morire qui ed essere sepolta tra i miei figli della Casa”. Il suo desiderio si è realizzato il 10 settembre di quest’anno. Aveva da poco compiuto 92 anni, ma continuava a partecipare alla messa quotidiana.
“Una breve, violenta malattia l’ha portata via. Siamo sicuri che il suo sorriso accompagna ancora Casa Don Bosco e che il suo esempio diventerà un esempio per molte persone” affermano i Salesiani che l’hanno conosciuta.