Iniziamo da una domanda di prassi: perché hai deciso di partire?
Perché partire? La risposta – parziale – che mi sono dato, è che il sogno missionario è sempre stato dentro di me. Ad un certo punto è semplicemente riemerso. Io potrei continuare per tutta la vita a fare quello che faccio: mi rende felice, come un gioco importante che sta riuscendo bene. Ma nel momento in cui penso alla Missione, mi sorride il cuore: sento che si apre un altro mondo, un’altra strada. E che questa strada corrisponde nel profondo a me stesso.
Prima della scelta missionaria, molto a lungo sei stato membro attivo della comunità salesiana in Italia, inaugurando e curando Centri Diurni, ed altre realtà a servizio dei più poveri ed emarginati. Perché partire proprio ora, dopo tanti anni? Come si relaziona la scelta missionaria con la tua attività passata?
Sono sempre più convinto che l’idea che Dio ha del tempo, il tempo in Dio ed il tempo di Dio, siano completamente diversi dal modo che noi abbiamo di percepirlo, di viverlo. Questo tempo che ci rende prigionieri, e che noi proviamo ad imprigionare. Per Dio, è sempre il momento giusto. Ed ho la profonda sensazione che proprio adesso, alla mia età, sia il momento giusto per questa mia svolta. Ho la sensazione che Qualcuno mi aspettasse proprio qui. E che tutto ciò che ho fatto in passato sia stato una preparazione a questo momento, che non poteva in alcun modo arrivare prima. Il mio percorso è un susseguirsi di passi che conducono alla scelta presente, e ciò che ho seminato tornerà nella mia esperienza missionaria.
L’Argentina, la Patagonia: l’11 novembre 1875 furono meta della prima spedizione missionaria salesiana. Che significato attribuisci a questa meta?
Lo hai detto anche tu: il significato simbolico di questa meta è enorme. La sensazione è di entrare in un mito, di contribuire, nel piccolo del mio operato, ad una leggenda. Mi riempie di entusiasmo. Ma oltre questo livello euforico, in profondità, trovo un significato che è più grande ancora: dove l’Argentina è per me un luogo spirituale, più che un luogo fisico. Il luogo che Papa Francesco, che fu vescovo a Buenos Aires, ha definito la fine del mondo. Anche nel passo dell’Ascensione, quando Gesù invia i suoi discepoli in missione, a predicare il Vangelo in tutto il mondo, si congeda con queste parole: « Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. » (Mt 28,16-20).
Cosa ti aspetti da questa esperienza? Quali pensi che saranno le maggiori fonti di gioia, e le maggiori fonti di difficoltà?
Sono disposto a dare tutto, e mi aspetto tutto: niente di meno che la Pace vera, che una Gioia piena. Al di là delle pulsioni interne ed esterne, essere una persona di pace che dona pace. E che sia una Gioia costruita concretamente, lavorando, vivendola. In primis con i miei confratelli, e poi con la gente.
Sul sito dell’ICC è disponibile, in italiano, l’intervista completa, a cura di Alice Picchiarelli.