Per quanti hanno vissuto quei momenti è difficile dimenticare la paura: la lava che di notte raggiunge diversi villaggi del territorio, brucia case al suo passaggio, distrugge campi coltivati, cavi della luce, serbatoi d’acqua… E poi, quando quattro giorni dopo l’eruzione del vulcano Nyiragongo, le autorità danno finalmente l’ordine di evacuare 10 dei 18 quartieri della città di Goma, si aggiunge anche lo sgomento di dover abbandonare la propria casa senza sapere quando vi si potrà tornare e come la si ritroverà.
Per una settimana, 283 bambini, 187 giovani e 82 adulti (tra cui 22 tra religiosi e religiose) hanno trovato rifugio nell’opera agricola salesiana a Shasha. Ma neanche lì si è stati davvero tranquilli: i locali non erano adeguati ad accogliere i più piccoli, né i bagni erano sufficienti per tante persone; le condizioni igieniche sono state pertanto molto precarie, e si è convissuti con il timore costante che Covid-19 potesse attecchire e diffondersi tra gli sfollati.
Il rientro dei bambini al “Don Bosco Ngangi” è avvenuto il 15 giugno. “Ora siamo nella fase post-evacuazione: è un’emergenza diversa, c’è meno paura, ma più miseria. Nelle strade si aggirano bambini mendicanti, bambini di strada, vecchi, mamme… sono tutti sporchi e coperti di stracci”, raccontano gli operatori di “Missioni Don Bosco”, la Procura Missionaria salesiana di Torino.
Anche se il pericolo peggiore è passato, ora è necessario intervenire per aiutare le persone a ritrovare una casa e una dignità, i bambini ad avere un luogo sicuro dove lavarsi, nutrirsi e crescere. C’è bisogno di materassi, coperte, cibo, latte in polvere per i neonati…
Eredi di Don Bosco, i salesiani di Goma progettano, costruiscono, accolgono, si spostano quando è necessario, fanno fronte ad ogni avversità… Tutto per aiutare loro, i più piccoli e indifesi.
Per ulteriori informazioni, visitare il sito: www.missionidonbosco.org