“I consulenti di Francia e Giappone lavorano da giorni al fianco di esperti dell'ONU: è un disastro nazionale, ma di fatto mondiale, perché Mauritius è un patrimonio mondiale", ha aggiunto don Maurizio Rossi, salesiano che vive da 27 anni nell'Oceano Indiano, prima in Madagascar, ora a Mauritius, dove dirige la Scuola Professionale San Gabriele, che accoglie circa 250 giovani dai 15 ai 18 anni; ragazzi e ragazze di famiglie povere, che non hanno ancora finito gli studi e che rischiano di vivere per strada. Tra questi giovani ci sono anche alcuni creoli, discendenti delle famiglie degli schiavi della fine del XIX secolo, che purtroppo sono ancora molto discriminati.
Proprio questi ragazzi si sono resi disponibili a creare delle code di paglia e altri materiali, per cercare di assorbire il petrolio. Insieme ai salesiani, i giovani stanno lavorando soprattutto per cercare di formare una nuova "mentalità" rispettosa e attenta all'ambiente, vitale per la loro sopravvivenza.
“Secondo i media locali, la nave sarà trasferita in porto per non causare ulteriori danni. Il primo ministro Pravind Jugnauth chiede un risarcimento al proprietario giapponese della nave, mentre rimangono molte domande su quanto accaduto – spiega don Maurizio – Ma quello che a me preoccupa di più è ancora una volta la sete di denaro. Questo problema è stato causato dal fatto che in molti non sono interessati all'ambiente”.
Il mare, per le Mauritius, è fonte di vita e questo disastro colpisce direttamente anche l’economia. “Quando il petrolio ha cominciato a diffondersi, nessuno poteva più pescare - ha spiegato ancora don Maurizio - Molti pesci erano già morti in superficie, quindi è un disastro ambientale che colpisce soprattutto i poveri e i pescatori che pescano a mano. Distruggere una realtà de genere significa mettere in ginocchio una popolazione che vive di pesca. In tutto questo serve soprattutto far capire la volontà del Papa: questo è il nostro pianeta e ce ne dobbiamo occupare”.
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