Pakistan – Il primo impatto con la missione: la testimonianza del sig. Ramello, SDB

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(ANS – Lahore) – Piero Ramello è un salesiano coadiutore originario del Piemonte. Entrato nel noviziato di Pinerolo all’età di 19 anni, ha sempre servito i giovani bisognosi della sua Ispettoria. Finché, l’anno scorso, a 56 anni di età, ha accettato la sfida di partire missionario, per una terra dove la vita dei cristiani non è sempre facile: il Pakistan. Ecco come descrive il suo primo approccio con il nuovo Paese e la nuova missione.

Poco alla volta sto imparando qualcosa della cultura pakistana, che ha aspetti molto gradevoli e alcuni piuttosto faticosi, per noi occidentali. Tra quelli gradevoli, a parte la gentilezza delle persone, che è straordinaria, quello che colpisce di più arrivando da una società secolarizzata, è la religiosità diffusa. Del resto, non può essere altrimenti: la religione permea tutta la società.

Sette volte al giorno gli altoparlanti delle moschee annunciano la preghiera, e la città in quei momenti si ferma. Tante usanze e tradizioni sono legate a significati religiosi. Molti libri o discorsi, anche di carattere laico, iniziano nel nome di Allah. Quando capita di dialogare sulle cose importanti della vita – anche su fatiche grosse, come malattie serie – la discussione, puntualmente, esprime grande fiducia in Dio e sottomissione alla sua volontà.

I cristiani non sono da meno. Quando pregano, ad esempio anche solo prima dei pasti, avverti che stanno facendo qualcosa di importante, e sono orgogliosi di farlo.

Naturalmente ho anche sperimentato aspetti meno positivi che, in generale, caratterizzano la gente. Ad esempio, la mancanza di puntualità o il fatto di non mantenere gli impegni. C’è poi il piccolo problema del cibo (pepe e peperoncino ovunque e in grande quantità) e il clima. Dopo aver sofferto per tre mesi il freddo a Quetta ora mi sto preparando, a Lahore, ad affrontare il nemico inverso. In questi giorni va bene, ma più avanti, dicono, sarà dura.

In comunità sono con il direttore, don Noble Lal, pakistano, e don Gabriel Cruz, messicano, entrambi sui quarant’anni. Insieme stiamo imparando a fare comunità e a condividere. Don Noble è molto generoso e pieno di iniziative, un po’ solitario. Con don Gabriel mi trovo benissimo: per me è un sostegno indispensabile. Lui segue gli aspiranti, cioè i giovani che vogliono diventare salesiani, e insegna nel seminario locale.

Io, per ora, in attesa che riapra la scuola, studio Urdu, lingua nazionale del Pakistan. A differenza di quando ero a Quetta, però, finalmente ho l’aiuto di un insegnante che è pure didatticamente valido. Inoltre, sto con gli aspiranti salesiani. Sono cinque giovani dai 20 ai 25 anni veramente in gamba, in tutti i sensi. Con loro faccio anche un po’ di musica.

Purtroppo, l’apertura della scuola, inizialmente prevista per i primi di marzo, slitterà a dopo Pasqua anche con la riapertura, si spera, del convitto. Quasi tutti i ragazzi dovranno ripetere l’anno, perché da soli non hanno fatto niente.

Saluta tutti, per favore. E preghiamo a vicenda.

InfoANS

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