Italia – La sfida di restare “connessi” ai bisogni dei ragazzi

20 novembre 2020
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(ANS – Roma) – Il “Borgo Ragazzi Don Bosco” ha incontrato il mondo virtuale delle reti sociali in un seminario dal titolo “Social e adolescenza” tenutosi alcune settimane fa. L’incontro è stato condotto da Giovanni Fasoli, docente di Psicologia dell’adolescenza e psicopatologia della realtà virtuale presso l’Istituto Universitario Salesiano Venezia (IUSVE).

La riflessione generale che ha guidato l’incontro è stata rivolta alla relazione con i ragazzi, impossibile se gli educatori non conoscono il loro mondo e non sono in grado di capire i loro slang e comportamenti, anche virtuali.

L’attenzione è stata concentrata sulle motivazioni che spingono i ragazzi a restare connessi e i bisogni psicologici e relazionali che cercano di soddisfare attraverso l’uso delle nuove tecnologie.

Motivazioni e bisogni sono vari quanto vario è il genere umano: in nessun manuale diagnostico di psicologia si parla di “web addiction”, poiché le caratteristiche sono così varie da rendere impossibile una riduzione a sintomi tipici. Sono necessari quindi ulteriori studi in questo settore.

Tre sono stati i punti chiave individuati nella vita social:

-      identity work (il lavoro sulla propria identità): è la sfida per eccellenza dell’adolescenza. I social contribuiscono ad affermare la propria identità in un continuo definirsi e ridefinirsi attraverso contenuti (post, foto, video…);

-      looking-glass self (l’io riflesso): l’identità di una persona è il risultato delle interazioni interpersonali nell’ambito sociale e di ciò che gli altri percepiscono;

-      sharing (la condivisione): uno dei bisogni di base dell’essere umano è l’essere sociale, dallo “zoon politikon” di Aristotele alla frase decisamente più recente “la felicità è reale solo se condivisa” citata nel celebre film Into the wild.

Il selfie allora è un atto sociale, un lavoro sulla propria identità che offre la possibilità di lavorare sul riconoscimento e su sé stessi. Non c’è da stupirsi allora che esistano fenomeni come il “Vamping” (vampireggiare, star svegli fino all’alba col telefono in mano, per chattare o controllare le visualizzazioni ai propri post), la “FoMO” (Fear of Missing out, la paura di essere tagliati fuori, una preoccupazione compulsiva per la perdita di un’opportunità di interazione sociale), il “Phubbing” (controllare continuamente lo smartphone, trascurando la persona reale del momento presente).

I ragazzi vivono in un mondo sempre più social che, per essere compreso, richiede competenze comunicative e relazionali specifiche. L’educatore deve ricorrere a una costante auto-formazione critica, perché solo così sarà realmente in grado di decifrare i messaggi che i ragazzi affidano ai loro post e agli hashtag e comprendere fino in fondo il contesto sociale in cui si trova a operare.

Ma se questi sono gli atteggiamenti tipici dei ragazzi della net generation, una provocazione si rende necessaria: gli educatori come usano i social? E tu, come li usi?

Fonte: Borgo Ragazzi Don Bosco

InfoANS

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