di Alessandro Di Bussolo
Una prima impressione sulla visita?
Sono molto contento, sono molto grato a Dio per questa grazia che è caduta sulla nostra Chiesa del Marocco. Sono molto grato a tutti coloro che hanno reso possibile questa visita. Penso che ci siano due aspetti per i quali bisogna ringraziare. Il primo è la partecipazione e il coinvolgimento di tutti; Sua Maestà il Re, le autorità marocchine, la comunità cristiana, il popolo marocchino: tutti hanno partecipato con un entusiasmo e una gioia notevoli. Il secondo aspetto riguarda la profondità e la qualità dei messaggi: sia i quattro discorsi del Papa sia il messaggio di Sua Maestà il Re alla Tour Hassan, che è degno di essere studiato ed applicato. Sono messaggi validi non solo per il Marocco, ma per il mondo intero e per la Chiesa universale.
Quali frutti ora vi aspettate concretamente nei settori un po’ più delicati come il dialogo con i musulmani, ma anche la vita dei migranti e la vita della Chiesa?
Iniziamo con il dialogo interreligioso, islamico-cristiano: pensiamo che, con quello che hanno detto il Re e il Papa, possiamo fare un passo in avanti. Fino ad ora si parlava molto di “coesistenza” e di “tolleranza”, ma il Re ha detto che la tolleranza “è poco”. Io questo lo dicevo anche dopo un anno: cioè che dobbiamo passare all’amicizia, alla conoscenza mutua, all’arricchimento reciproco e a fare delle opere insieme: a costruire insieme la fraternità universale cominciando da noi. Dobbiamo fare un salto qualitativo nel dialogo islamico-cristiano: questo non so se sapremo farlo, ma è il nostro lavoro a partire da questo momento. Per quanto riguarda i migranti, continuiamo sulla stessa linea perché il Papa ci ha ribadito i quattro verbi che conoscevamo: “accogliere, proteggere, promuovere, integrare”; e dobbiamo studiare come andare avanti in questa strada. Parlando dell’Europa e del mondo intero: bisogna cambiare il mondo! Questa situazione, di persone che migrano in condizioni che non sono umane, non si risolve semplicemente con misure poliziesche o amministrative: bisogna aprire i cuori, è necessario che le porte siano aperte dopo aver aperto i cuori. E bisogna cambiare le leggi del commercio internazionale, il sistema economico, affinché ciascuno possa restare nel proprio Paese e non sia obbligato a lasciare lo stesso a causa della guerra o per ragioni economiche. Migrare è un diritto, ma deve potersi fare in una forma ordinata e rispettosa dei diritti umani.
Oltre al problema dei migranti, il Papa ha fatto riferimento anche alle difficoltà per i poveri del Marocco. E quindi su questo può crescere la cultura della misericordia che non faccia guardare all’altro con indifferenza, come ha detto alla Messa? Questo può essere anche un cammino comune con i musulmani?
Ovviamente: è un cammino comune già in questo momento. Lavoriamo per l’educazione, per la salute pubblica, per la promozione della donna, tutti insieme, musulmani e cristiani, e questo deve continuare. Ma la misericordia non è un fine in sé stessa: è il cammino per arrivare a vivere come fratelli e sorelle. Questo è l’ideale: ogni uomo è mio fratello - dobbiamo ancora ribadirlo perché viene da lontano -, ma non lo crediamo molto, non lo mettiamo in pratica. Ogni uomo è mio fratello. La mia casa è il mondo. La mia famiglia è l’umanità. Sono degli slogan, ma degli slogan che ci portano verso l’utopia di una fraternità o fratellanza universale, come vuole il Papa.
Ultimo tema: il proselitismo. Il Papa vi ha fatto riferimento oggi in cattedrale, parlando ai religiosi e al clero ma c’è ancora paura nel mondo musulmano per il proselitismo dei cristiani, dei cattolici…
Perché ci sono cristiani che non capiscono questo aspetto: la Chiesa non vuole fare proselitismo. Già Benedetto XVI diceva: “La Chiesa cresce non per proselitismo ma per attrazione, per testimonianza”. Per questo noi siamo “comodi” qui in Marocco, dove il proselitismo è interdetto, perché noi non vogliamo fare del proselitismo. Il nostro obiettivo non è “aumentare i clienti della Chiesa”: il nostro obiettivo è il Regno di Dio, che la pace cresca, che ci sia più fraternità, rispetto della vita, più amore, più verità. Allora, il Regno di Dio è già presente, ma deve crescere molto. I musulmani non parlano del Regno di Dio – è una categoria cristiana –, ma lavoriamo insieme per un mondo nuovo, misericordioso, dove la misericordia sia la base delle relazioni umane. E questo darà la possibilità di vivere in fraternità. Penso che il Marocco un giorno scoprirà anche che i cristiani, almeno noi cattolici, non abbiamo questo obiettivo, anche se penso che lo abbiano già scoperto perché ci rispettano molto, ci stimano e ci danno una mano quando abbiamo bisogno.
Fonte: Vatican News