Come hai conosciuto il sig. Randisi?
Ero adolescente nel 1970 ed ebbi la fortuna di averlo come insegnante. Mi trasmise l’amore per la musica, per il teatro e per gli amici. Sono cresciuto, sono diventato un uomo, e poi negli anni sono tornato alla casa salesiana.
Come sei arrivato in Angola?
La Divina Provvidenza ha fatto sì che ci arrivassi. Ero emozionato, ma con la ferma convinzione di consegnarmi alla volontà di Dio per aiutare gli altri. Il 21 novembre 2016 ho preso l’aereo per Luanda, la Capitale; da lì ho raggiunto Calulo e sono tornato dal mio antico maestro, Andrés.
Cosa ti ha colpito di Calulo?
La chiesa della missione inizia ad animarsi sin dalle prime luci dell’alba. Arrivano i gruppi che vengono per pregare, poi le voci dei bambini e dei giovani membri dell’Orchestra Sinfonica Giovanile. Questi giovani sono stati i primi con cui sono entrato in contatto, nelle strutture dove provano. È molto bello vedere questi piccoli di 6-7 anni leggere la musica e suonare con tanta maestria.
Mentre andavi conoscendo l’opera, come hai trascorso i primi giorni?
Man a mano ho conosciuto il laboratorio di falegnameria, la Chiesa, le camere, la cucina, il refettorio, le strutture della scuola adiacente, e più in là la residenza delle Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA). La cosa più bella è stata l’incontro con le persone della missione, gente trasparente, semplice, umile e gioiosa.
Hai conosciuto qualche opera dei Salesiani o delle FMA?
Ho visitato il villaggio di Kitila e una scuola a Camena, animata dalle suore. In quei luoghi ho visto la povertà, la mancanza di acqua e quanto sia difficile ottenerla.
Come hai vissuto questi pochi giorni al lato del tuo maestro?
Ho vissuto 30 giorni dei quali non si può esprimere con le parole la magia. Posso dire che sono felice e ho visto anche il mio maestro felice di donare la sua vita. Sicuramente, posso dire che i missionari sono martiri ed esempi di solidarietà.
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