di Cristian Calderón
La nuova sfida lo riempie di felicità, perché è convinto che questa formazione gli permetterà di contribuire allo sviluppo dei giovani, sia di quelli con cui lavora nel centro educativo salesiano di Talca, in Cile, sia di coloro che si trovano in una situazione di vulnerabilità e di cui ha conosciuto la realtà in Ecuador.
Il “licen” o “cileno”, come è stato affettuosamente ribattezzato Gonzalo dai ragazzi, ha servito come professore di religione e matematica, coordinatore della pastorale della comunità “Don Rua” e animatore d’oratorio nei fine-settimana. In ognuna di queste attività ha applicato una frase che ha guidato le sue azioni: “la vita di voi giovani è il bene più prezioso”.
“L’abbandono da parte dei genitori sofferto dai bambini di ‘Mi Caleta’ ha segnato la mia esperienza, perché si stenta a credere che esista una realtà così dura” afferma Gonzalo, che come volontario è stato per mesi padre, madre e nonno di una dozzina di ragazzi.
Uno dei momenti che conserva con più affetto è la condivisione del pasto alla sera, perché, terminata la preghiera, ognuno dei ragazzi gli raccontava tutto ciò che aveva fatto durante la giornata, proprio come fa un figlio con suo padre. In queste conversazioni alle volte emergeva che i ragazzi “sapevano di sbagliare, ma erano certi che a un certo punto avrebbero smesso di farlo. Questa era la loro motivazione più grande, e che suscitava molta ammirazione in me”.
La storia che più lo ha colpito è quella di un 12enne vittima di abusi fisici, psicologici e sessuali; sua madre è tossicodipendente e suo padre è morto per lo stesso motivo. Ma il ragazzo non ha mai mollato e grazie all’accoglienza del Progetto Salesiano e al lavoro di volontari come Gonzalo continua a studiare con profitto.
Il suo servizio all’UESPA è stato una sfida, dal momento che doveva fare lezione per 90 studenti di diverse età e livelli di istruzione; tuttavia, la convivenza quotidiana gli ha permesso di conoscere in prima persona le avversità che affrontavano i ragazzi e che, nonostante tutto, hanno il coraggio e la forza per affrontare con un sorriso.
Seguendo l’esempio del Santo dei Giovani, Gonzalo è stato sempre disposto ad ascoltarli e a dare loro consigli personalmente; per questo si è dedicato con impegno a conoscere il nome e la storia di ciascuno dei 90 studenti, a sapere dove vivesse la metà di essi, per arrivare alla fine a capire che la cosa più importante era dare loro affetto, tenerezza e compagnia.
“Una delle cose che mi porto nel cuore – racconta Gonzalo – è che un pallone è sufficiente per farli divertire per tutto il pomeriggio. Mi dicevano: “‘Licen’, con la palla dimentichiamo tutti i dolori”.
Ancora, ha imparato dai bambini e dagli adolescenti quanto è prezioso godersi la vita con le persone che si amano, e che non bisognerebbe nascondere le proprie emozioni, ma dare un abbraccio sincero agli altri quando se ne sente il bisogno.
Infine, prima di arrivare in Ecuador, Gonzalo conosceva poco la figura di Don Rua, mentre ora si dichiara un autentico estimatore del I successore di Don Bosco. Ne sottolinea la semplicità, l’umiltà, la temperanza e il grande lavoro che questo sacerdote fece per i ragazzi: tutte cose che cercherà di imitare in ogni lavoro a cui lui sia chiamato.
Prima di arrivare in Ecuador, Gonzalo conosceva poco la figura di Don Rua e ora si dichiara ammiratore del primo successore di Don Bosco. Sottolinea la sua semplicità, la sua umiltà, la sua temperanza e il grande lavoro che questo sacerdote ha fatto per i ragazzi, che cercherà di imitare in ogni lavoro in cui lo chiamano.
Gonzalo ha ben chiaro in mente che tornare al suo Paese non costituisce la fine del volontariato o della sua vita missionaria, perché ora il suo scopo è contribuire, con le conoscenze acquisite, al lavoro dell’équipe di animazione missionaria dell’Ispettoria salesiana del Cile e contribuire allo sviluppo dei progetti di volontariato nazionale e internazionale. Allo stesso modo, spera di poter mettere l’esperienza acquisita nel progetto “Mi Caleta” al servizio della “Fundación Don Bosco” che lavora con i bambini vulnerabili nella città di Santiago.
Uno dei suoi sogni è quello di scrivere un libro con la sua testimonianza e incoraggiare i giovani a portare avanti questa esperienza. “Molte volte ci sediamo sul divano a guardare la televisione, come dice Papa Francesco, e questo non cambia il mondo. Noi giovani siamo chiamati a continuare il lavoro sognato da Don Bosco (...). Dobbiamo mettere da parte la paura e vivere”.