«Vado io». Con i poveri delle Ande per incontrare Dio. Missione e martirio di padre Daniele Badiali
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07 Aprile 2017

Si intitola “«Vado io». Con i poveri delle Ande per incontrare Dio. Missione e martirio di padre Daniele Badiali” il libro che Gerolamo Fazzini dedica alla figura di questo missionario italiano ucciso 20 anni fa in Perù (il 18 marzo 1997) perché offertosi volontario al posto di una donna in un rapimento a scopo di estorsione. Di padre Badiali è in corso la causa di beatificazione. Una figura molto «moderna», quella di Badiali, nato in provincia di Faenza nel 1961, in missione in Perù dal 1991 con l’Operazione Mato Grosso, l’associazione giovanile fondata nel 1967 dal salesiano don Ugo De Censi per la solidarietà con i poveri dell’America Latina.

Moderna è la scelta dei poveri come orizzonte di vita da parte del giovane Daniele, figlio di una famiglia contadina romagnola, «conquistato» dall’esperienza del Mato Grosso attraverso il lavoro gratuito come i campi di servizio per raccogliere denaro per i poveri o il soccorso ai terremotati del Friuli nel 1976.

Altrettanto «moderna» è la ricerca spirituale di Daniele, che, pur da sacerdote, vive un’autentica e travagliata ricerca di Dio, attraversando momenti di dubbio e incertezza nella fede: «Mai come in questo momento è presente nel mio cuore questa ferita dell’assenza di Dio – scrive in una lettera -. Non l’ho cercata assolutamente, è la vita, sono le persone che mi stanno portando a questo dolore. Credo che il nocciolo sia tutto qui»

Al 1984 risale il primo viaggio in Perù dove si consolida la sua scelta di diventare prete: dopo gli studi nel seminario di Bologna e l’ordinazione sacerdotale, p. Badiali giunge nel 1991 in Perù come parroco a San Luis, una parrocchia costituta da 60 paesini sparsi sulle Ande, in una situazione sociale difficile, segnata dall’estrema povertà, dal terrorismo di Sendero luminoso e dalla fuga dei giovani verso la città.

Qui Badiali si dedica all’azione pastorale, all’educazione dei ragazzi e dei giovani, alla carità. Vive da vicino il dramma dell’uccisione di alcuni missionari in Perù per mano dei terroristi di Sendero luminoso, come Giulio Rocca, laico del Mato Grosso, e di altri missionari. Ciononostante, insieme agli altri volontari, decide di restare. E nel corso della sua breve esperienza missionaria intuisce anche la possibilità di venire ucciso lui stesso per il servizio cristiano che compie: «Nel mio cuore è sempre presente la morte di Giulio come un punto chiaro che non posso più scordare finché vivo. Questo cammino porta al martirio, all’espressione più alta della vita cristiana, porta alla santità. È una santità che passa attraverso la Croce, la morte. Non viene regalata a buon mercato».

Infine, il tragico epilogo: la sera del 16 marzo 1997 p. Badiali viaggia su una jeep tra il santuario di Pomallucay e San Luis: un uomo blocca l’auto e chiede un passeggero in ostaggio per ottenere un riscatto in denaro. Vuole una donna, prende la volontaria italiana Rosamaria Picozzi, ma padre Daniele la ferma: «Tu rimani, vado io». Due giorni dopo viene ritrovato il suo corpo senza vita. Oggi la sua memoria è molto viva sia in Italia che in Perù.

«Sono sulle Ande, padre di tanta gente povera: il miracolo si è avverato, per la gente rappresento Gesù, dentro di me sento solo il desiderio costante di chiedere perdono. La gente povera mi obbliga a cercare Dio attraverso il cammino della carità: dai via ciò che hai, ogni giorno. È la grazia che ricevo da Gesù. E quando ho dato tutto ciò che avevo e mi ritrovo il doppio della gente a chiedere ancora il miracolo del pane, ecco solo allora comincia il vero cammino alla ricerca di Dio, solo allora comincia l’amore vero, gratuito, quello non voluto, non desiderato. Come vorrei vivere ogni attimo della mia vita così» (Daniele Badiali, 8 febbraio 1992)

«Oggi più che mai sento che la vita si gioca o a favore di Dio o contro di Lui. E siamo noi cristiani con la nostra vita che dobbiamo saper morire per “salvare Dio”. Sono tornato sulle Ande col desiderio di abbandonarmi a ciò che il Signore vorrà. Non ho nulla da difendere di mio. Vorrei solo imparare a morire, staccandomi da ogni desiderio umano… Sento che tocca a noi cristiani dare speranza di Dio, che vale più Lui di ogni altra cosa con la nostra vita. È un’avventura dolorosissima ma bellissima, unica, che non oserei mai cambiare per tutto l’oro del mondo. Non ho nessuna certezza di fede in me, per questo ho un gran bisogno di stare legato alla Chiesa. Sono un prete al buio, che non sopporta le luci artificiali del mondo, mi danno un gran fastidio perché abbagliano gli occhi e lasciano un gran dolore nel cuore. Cerco la luce di Dio, per questo mi sono incamminato per il sentiero della carità, qua sulle Ande, tra la povera gente». (Daniele Badiali, 18 giugno 1996)

Editrice EMI, pagine 160

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