RMG – Verso la Beatificazione di don Titus Zeman

27 Aprile 2017

(ANS – Roma) – Il 27 febbraio 2017 Papa Francesco ha autorizzato a promulgare il Decreto di martirio del salesiano sacerdote don Titus Zeman, che negli anni ’50 e ’60, sotto il totalitarismo comunista in Cecoslovacchia, diede la vita per la difesa del sacerdozio ministeriale e la salvezza delle vocazioni. Sono ora molte le iniziative per conoscere e far conoscere sempre meglio questo nuovo martire, giovane prete che non restò inoperoso quando la persecuzione minacciò la sua patria, ma seppe compiere scelte coraggiose, impegnandosi in prima persona per quella Chiesa che egli “considerava madre, dando se stesso per lei anima e corpo”.

Un’importante iniziativa – anch’essa preparatoria alla prossima beatificazione, fissata il 30 settembre 2017 – ha avuto luogo a Bratislava il 20 aprile scorso: la Fondazione Ladislav Hanus ha ospitato, nell’ambito della settimana annuale di festival, una serata di studio e dibattito rivolta soprattutto ai giovani universitari e intitolata “Titus Maximus”, che ha esplorato il suo messaggio spirituale e il rapporto al suo tempo. (http://www.hanusovedni.sk/archiv/titus-maximus/).

L’incontro, moderato dal conduttore della Radio Slovacca “Pišta Vandal”, ha visto la partecipazione del salesiano don Pavol Grach, che si è soffermato soprattutto sul carisma salesiano di don Zeman Titus e ha aiutato a rileggerne la vita in rapporto alla Scrittura; František Neupauer, storico che ha contestualizzato questo martirio entro la temperie politica e sociale del tempo; Michal Titus Radošinský, nipote del prossimo beato e memoria viva della sua tradizione familiare. Presente anche Lodovica Maria Zanet, autrice – con la dott.ssa Helena Barátová – della Positio super martyrio del Servo di Dio. A lei è stato chiesto di illustrare in breve il senso e le finalità del Processo e di soffermarsi su una rilettura al femminile di questa vicenda martiriale e una sua possibile valutazione con lo sguardo di chi sia cresciuto in un paese dell’Europa Occidentale.

Dall’incontro è emersa una figura di Titus Zeman sempre più viva e concreta. Ci si è così soffermati, tra l’altro, sulla sua fragilità fisica; sulla paura e angoscia che come uomo egli pienamente sperimentò davanti alle torture e alla morte; sui dubbi e le certezze che egli porta nella preghiera, fino alla “chiamata nella chiamata” che, nel gennaio 1951, frange in lui ogni resistenza, lo impegna in modo irreversibile per la salvezza delle vocazioni e gli permette di transitare dalla paura alla gioia; sulla sua grande forza spirituale, attestata anche nei momenti di “notte oscura”, a riprova – come egli stesso diceva – che non con le proprie forze, bensì con l’aiuto dell’Ecce homo, egli era potuto entrare in quel calvario senza risultarne schiacciato.

La sera precedente, durante l’Eucaristia nella parrocchia di Vajnory (sobborgo di Bratislava dove don Zeman nacque, crebbe e trascorse l’ultimo, sofferto, periodo della propria vita in libertà condizionata), è stato evidenziato il nesso tra la sua vita e l’intimo significato del triduo pasquale; dall’offerta di sé, alla passione e morte; dal silenzio di sconcerto, paura, dubbio e speranza che segue una morte per molti ingiusta e altri incomprensibile nella dedizione che l’aveva motivata, all’alba di una risurrezione che – anche attraverso la qualificata fama di segni – già parla di un don Zeman vivo in cielo e intercessore per ciascuno.

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